” I GIGANTI NELLA VALLE”

Cotrone e gli incanti della valle
Là ,dove la valle si slarga e poi si inforra in un lungo canyon fino alla Forza di Ispica, e allo sguardo si offrono le Grotte Cadute con le loro venature di roccia aranciata e opposta sulla collina di fronte si erge grigia e severa la Spezieria, si è celebrato venerdì 28 settembre un rito di liturgia teatrale : I giganti della Montagna di Luigi Pirandello. L’avevo vissuto allo scenario pub.bli.co di Catania ,ma qui è stata altra cosa. Proprio altra cosa, che solo la magia del teatro può spiegare. La geometria dello spettacolo precedente in questo spazio suggestivo e assai impegnativo si è dissolta ma ha conquistato altre corde dell’intimo , altre vocalità, altri spazi e altre atmosfere dilatate da luci assai sapienti che ci hanno avvolto come un magico bozzolo e ci hanno isolato dal pubblico e ci hanno permesso di raccontare questa metafora sul teatro, la più corposa fra le opere del Novecento. La messa in scena di Giovanni Spadola/Cotrone ha voluto sottolineare gli aspetti religiosi del testo (vedi il francescanesimo di Doccia/Alessandro Romano) e d’altra parte “vedere la vita dentro i limiti del naturale e del possibile non aiuterà di certo a comprendere mai nulla”. E venerdì 28 settembre , notte di plenilunio, fortuita coincidenza, che ricorda riti druidici, alla Villa degli Scalognati ambientata in questo alveare di grotte, in una atmosfera di arcano, di primordialità e di mito l’officiante Cotrone ha condotto i suoi giochi di incanti e di magie. E a questo luogo siamo arrivati come Compagnia della Contessa ma ormai cani spelati,affamati, randagi cacciati da tutti a pedate e con la segreta speranza di recitare “La favola del figlio cambiato” debito sacro di Ilse/ Simonetta Cartia . E questo incontro mette in moto tante dinamiche : rabbie,rimpianti d’amore, gelosie. In questo viluppo di passioni Cotrone trova materia per liberare la sua sborniatura celeste e per catturare l’infinito che è negli uomini. E quando invoca il buio ,nella valle quegli attimi di quiete notturna si sono dilatati e la luce lunare ci ha sommerso tutti : attori e pubblico. Quanta forza c’è nel silenzio! Distratti dal frastuono quotidiano recuperarlo dentro noi sarebbe già una rivoluzione! E sull’arrivo della Sgricia/Paola Sambo le voci che provenivano dalle grotte mi hanno ricordato lente salmodie di monaci bizantini .Quando i giochi volgono al termine, e la fede di Ilse ,incrollabile, e il suo sacro furore votato ad amaro destino,piombano sul pubblico le parole di Pirandello “ Che cosa può importare alla gente della poesia, che anela a vivere l’avvenire, oggi, che la gente non ha neppure il tempo di vivere il presente, tanto la vita s’è fatta varia e diversa”. E’ un dubbio, un interrogativo di ieri e, assai drammatico, di oggi , ma voglio pensare che ancora la mia vita ha bisogno di poesia, di bellezza, di sogni e di utopie E il grido finale “ Io ho paura, ho paura”, smessi i panni attoriali, era un esorcismo collettivo, una voluta scaramanzia perché ancora l’incanto del teatro e della poesia continuino a vivere nel cuore e nella mente degli uomini perché “ il giorno è abbagliante , la notte è nei sogni e solo i crepuscoli sono chiaroveggenti per gli uomini. L’alba per l’avvenire, il tramonto per il passato. A domani! “ E le immagini di Lillo Contino proiettate sulla roccia hanno chiuso “ i Giganti “ e ancora il silenzio, un lungo silenzio. Gli dei del teatro sono stati magnanimi e offrirò loro calici di buon vino rosso!
Enzo Ruta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


PUBBLICITÀ

Collabora con noi

Vuoi pubblicare un annuncio o effettuare una segnalazione?



Il Domani Ibleo © 2021. Tutti i diritti riservati. Designed by Ideology Creative Studio 

La testata e la linea grafica della testata è stata realizzata da Ariel Garofalo. www.arielgarofalo.com Email: arielgarofalo@gmail.com

Change privacy settings