Comiso – Ascoltare l’appello di Vincenzo Cilia, uno dei frequentatori assidui della Pagoda che sorge davanti all’aeroporto di Comiso, è dare voce ad un’umanità attenta alle diversità culturali ed etniche. Vincenzo Cilia, apprezzato dal mondo degli educatori alla musica, dalle comunità scolastiche e associative, afferma di non essere buddista, ma di condividere con Morishita il canto e il suono del tamburo.
Chiede a gran voce una raccolta firme per fare ottenere la cittadinanza italiana al monaco, ormai anziano e bisognoso di assistenza, anche medica. A suo avviso, non si può dimenticare tutto quello che ha fatto per il mondo e per la nostra nazione. Chiede che chiunque può faccia qualcosa, anche giuridicamente per aiutare questa persona in una fase così delicata della sua vita, che attraverso la sua esistenza ha applicato i principi della pace.
Osserviamo come sia tristemente ironico che dopo aver dato tanto sostegno, non gliene venga dato dalle istituzioni italiane, essendo abbandonato seppure bisognoso riguardo le cose essenziali, elencate nella nostra Costituzione e nelle voci della Carta dei diritti umani.
Il monaco buddista, dismesse le vesti di direttore di banca, giunge a Comiso sull’onda dei movimenti pacifisti, guidati da Pio La torre che il 4 aprile 1982 hanno detto no all’installazione dei missili all’aeroporto di Comiso. Morishita Ghyosho, costruirà in quel periodo, l’ottantesima Pagoda del mondo con le sue mani e quelle degli amici, su un terreno di proprietà dei pacifisti che glielo regalarono.
Il mondo ha ancora bisogno di pace, sostniamo Morishita
Arianna Salemi