Da 14 mesi ci siamo abituati oramai ad una serie di divieti e limitazioni che comprimono la nostra libertà individuale in nome della lotta alla pandemia, eppure c’è un divieto che scatena da mesi forti polemiche ed alimenta un vivace dibattito: il coprifuoco.
Innanzitutto perché con grande evidenza rappresenta un vulnus insanabile della nostra libertà individuale, ma soprattutto perché si fatica a trovare un qualsivoglia fondamento scientifico nella decisione di imporre a tutti il rientro a domicilio per le 22; questione che assume nuovo impulso e nuovo vigore alla luce di due eventi: l’incombere dell’estate, con le sue lunghe giornate di luce, e le previste riaperture di bar e ristoranti.
L’idea è che la pervicacia con la quale il governo, o meglio una parte di esso, continui a sostenere l’esigenza del coprifuoco anticipato, sia più frutto di una convinzione ideologica che di una logica di contenimento pandemico.
Esiste forse un’evidenza scientifica che dimostri l’aumento dei contagi tra le 22 e le 23? Esiste un solo studio che ci indichi nella notte il momento in cui si registra il picco di virulenza del coronavirus? Naturalmente no, e non potrebbe essere altrimenti.
Ed allora cosa spinge Draghi a rischiare una crisi, contro una parte importante della sua maggioranza, e contro la totalità delle Regioni? Semplice: l’idea che mettendo più divieti si costringa la gente a restare a casa, anche in presenza di riaperture parziali o totali.
E’ un po’ la logica che anima il pastore alle prese con il gregge: lascio libere le pecore di pascolare, ma le costringo, nonostante non se ne accorgano, a restare tutte intrappolate in un recinto virtuale. E da pecorelle siamo stati trattati in questi mesi. Divieti a iosa e piccole libertà per le quali ci siamo persino sentiti in dovere di ringraziare. Baristi e ristoratori quasi commossi di poter riaprire il giorno, ed all’esterno, ma non la sera o all’interno, palestre grate per una riapertura che coinciderà con la chiusura estiva (chi volete vada in palestra al chiuso a Giugno?), piscine a pieno regime, in coincidenza con l’inizio della stagione balneare.
E’ come se la “Sindrome di Stoccolma” si fosse impadronita di ciascuno di noi: ci siamo via via innamorati dei nostri carcerieri, confidando in loro come unica speranza. E pazienza se Speranza, quello vero che di mestiere fa il ministro, arranca da mesi: basta restituirci il caffè in tazzina per farci sentire un popolo felice.