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Al castello di Donnafugata le esperienze oniriche delle donne di Walter Manfré

 “Ritratto di donna in bianco”. Il castello di Donnafugata si è tinto, il 2 e il 3 settembre, del bianco e delle esperienze oniriche delle donne di Manfré un picnic sul prato che le aveva viste tante volte, in gioventù, raccogliere fiori colorati e catalogare trilli di uccellini.

Il ritorno, dove, per funeste vicissitudini di cui la vita è prodiga, il loro percorso di vita cambiò, per sempre. Il taglio netto col passato. La distanza, lo stridio dei giorni felici nelle trasparenze del velo del passato. Il ritorno a quel giorno.

   Il cortile del castello di Donnafugata per due serate è stato palcoscenico naturale del teatro che porta la firma del regista Walter Manfré. 

   Tre donne. Una storia. Colpi di scena e forti emozioni, il testo crudo e poetico, si è avvalso della interpretazione di tre giovani promettenti attrici provenienti dalle più prestigiose scuole italiane: Federica Gurrieri, Irene Paloma Jona, Fabiola Leone. Eccellente la loro performance artistica. 

   La vita e la verità. L’attraversare etereo di tre donne vestite di bianco che, come fate, attraversano i boschi cupi delle loro vite alla ricerca estenuante seppur desiderata di trovare i rovi e riportare in vita i prati verdi di un tempo. 

   I rovi. Quelli che le stringono, che le annodarono tutte insieme e ciascuna a sé stessa. Il verso ultimo dell’imbrunire è l’inizio del viaggio per chi brama di scoprire i sogni celati, le verità nascoste delle donne di Walter Manfré. 

   Sguardo al futuro, rivolto ai classici, tra le pagine del presente in cui il regista racconta di una donna che non si arrende e che continua, con la sua intensità a dare la vita. La donna, l’emblema, il tocco candido e, insieme la vanità. La forza. L’incommensurabile abisso dell’anima che si ristruttura rivisitando il passato. Uno specchio, narciso. Il fiore. La bellezza. La morte. 

   Attraverso metamorfosi da incubo ed apparizioni da brivido, alla fine è toccata anche a loro la conoscenza di sé. Ma è lì che comincia la vita, dopo una morte, interiore prima ancora che reale. 

   In questo delicatissimo testo di Valeria Moretti, autrice assai nota per avere indagato   l ‘universo femminile, Manfré ripercorre attraverso l’ onirico viaggio di tre giovani ragazze che hanno appena lasciato la pubertà per diventare donne, un episodio cruciale della loro crescita. 

    Le musiche originali di Peppe Arezzo, create appositamente per “Ritratto di Donna in Bianco” donano allo spettatore una cornice meravigliosa e perfetta, intenso connubio d’autore.

    Uno spettacolo unico nella sua intensità che il regista ha scelto di rappresentare in questo tempo in divenire seppur sempiterno. Un tempo in cui l’arte sorride amara e lo spettacolo stenta a cominciare. È iniziato all’imbrunire per terminare al crepuscolo inoltrato. La sera è l’intimità dell’intrinseco che ritorna. La fine, oppure, l’inizio.

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Redazione