ALLESTITA ALL’INTERNO DELLA CHIESA DI SAN VINCENZO FERRERI A RAGUSA IBLA
Ragusa – ( di Anna Maria Caschetto) – Si comincia con quel laconico “ne danno il triste annuncio…” e li si ritrova in gruppo con chi liha preceduti su di un altarino adeguatamente approntato che viene a costituire il “larario” di famiglia.
Non viene mai reciso del tutto in Sicilia il legame tra la vita e la morte, anche se la tradizione di far trovare ai bambini , la mattina del 2 novembre, delle ceste ripiene di pupi di zucchero e delizie varie portate durante la notte proprio dai parenti morti, (così almeno gli si faceva credere) ė andata progressivamente scemando, come già lamentava Camilleri in uno dei suoi Racconti Quotidiani .
E lo sa bene Armando Rotoletti, già collaboratore della prestigiosa agenzia fotografica Grazia Neri, che a questo tema ha dedicato ben 3 anni di ricerca il cui esito, nell’ oscillare fra il documentario e l’ antropologico, ci restituisce usi e costumi, sia di aristocratici che di gente comune, che scandiscono la veglia, la sepoltura e la custodia in memoriam di chi in vita ci ė stato caro.
Usi e costumi, vedasi il caso, ma non solo, delle prefiche a Fiumefreddo, che risultano tanto più tipici quanto più circoscritto è l’ambiente in cui l’evento si manifesta: in quei luoghi insomma in cui “ci si conosce tutti” la morte va rappresentata, anzi teatralizzata .
Si ricoprono pertanto mobili e suppellettili destinati all’uso quotidiano, si schermano con drappi neri gli specchi che potrebbero “imprigionare” l’anima del defunto , ci si ammanta a lutto insomma mettendo al bando colori e ogni forma di luce…e ci si ferma.
Come impietriti, avvolti in un bozzolo di muta rassegnazione.Poi subentra il trigesimo e ci si rimette in processione… e le foto di chi ci ha lasciati riprendono a circolare oltre che sui mobili o sulle pareti di casa anche sui ciondoli appesi come piccoli scrigni alle catenine d’oro perennemente in uso.
Di certo i decessi in Sicilia sono di varia natura: si muore per mano mafiosa a Palermo, per cancro ai polmoni alpetrolchimico di Augusta, per naufragio se immigrati nel segno della sfortuna; ma per essi c’è sempre una croce o una lapide e un prete pronto a dir messa a cadenza fissa anche dinanzi allo sguardo vigile delle maschere in cera di corpi sacri mummificati.
Un racconto vario e ben articolato, rigorosamente in bianco e nero, quello narrato in questa mostra dalla quale emerge in tutta la sua pienezza la robusta tempra da fotoreporter di un autore che avevamo già apprezzato nella rassegna delle antiche barberie di Sicilia, luoghi di ritrovo per eccellenza di una generazione aperta ad ogni esperienza di socialità.
E della Sicilia il nostro ha continuato ad occuparsi regalandoci ultimamente delle splendide, quasi surreali,in quanto spoglie di ogni tipo di “intrusione” umana, immagini di ben 82 piazze.
È siciliano Rotoletti e , pur vedendolo operare per delle riviste a carattere nazionale , crediamo valga anche per lui l’assunto di Vincenzo Consolo secondo il quale ” si può nascere in questo mondo per caso, ma non si nasce in un luogo impunemente”.
Nella mostra allestita a Ragusa Ibla sono esposte 40 foto tratte dal volume MORTE IN SICILIA corredato da testi di Dacia Maraini e Ignazio E. Buttitta.
Anna Maria Caschetto