Attualità

Una lunga giornata all’Hub vaccinale di Modica…

Che fine hanno fatto i palloncini, i sorrisi, le corsie preferenziali, la gentilezza, la premura, l’attenzione ai più piccoli?

Sono solo un ricordo sbiadito di chi ha avuto, si fa per dire, la fortuna di fare la prima dose di vaccino al proprio figlio nel momento in cui era partita la campagna vaccinale, dedicata proprio ai bambini dai 6 ai 12 anni.

Ricordo che, pur essendo sabato come oggi, non abbiamo atteso nemmeno un istante e tutto è andato in maniera perfetta, anche troppo, considerando le lunghe attese che eravamo stati costretti a subire quando ci siamo vaccinati. Ma si sa che, mentre in un certo senso noi adulti siamo abituati a chiudere un occhio, quando i disservizi riguardano i bambini, allora, le cose cambiano.

Questa mattina ci siamo recati all’Hub intorno alle 10 per effettuare la seconda dose e già, quando siamo arrivati all’accettazione, abbiamo intuito che ci fosse qualcosa che non andava.

C’è stato infatti assegnato il numero 348, e c’è stata data un’informazione doppiamente errata, prima c’è stato detto di accomodarci e che ci avrebbero chiamato tramite il numero nel cartellone, insieme quindi agli altri che dovevano fare il vaccino, adulti compresi, anche perché davanti a noi non c’erano 348 bambini e poi, invece, che saremmo stati chiamati a parte, ma dove e quando ciò sarebbe avvenuto, nessuno era in grado di dircelo.

Nel frattempo, sotto il tendone al freddo e al gelo( a quanto risulta pagato dal Comune di Modica) , molti bambini iniziavano a mostrare una certa insofferenza, così abbiamo chiesto di poterli fare entrare visto che nel frattempo qualche furbetto lo aveva già fatto.

All’interno però c’era il delirio, tra nomi e numeri che venivano chiamati, senza comprendere quale criterio stavano utilizzando: la prenotazione? L’ordine di arrivo? Non era dato sapersi.

Intanto, l’assembramento continuava ad un aumentare e, i bambini vaccinati in attesa di andare sostavano nell’area giochi insieme agli altri che ancora dovevano vaccinarsi, in una promiscuità che faceva davvero temere il peggio.

A questo, aggiungete la presenza di almeno due genitori a bambino, alcuni, fra l’altro, che dovevano pure vaccinarsi. Insomma, il caos regnava sovrano, gli operatori sembravano provati e stanchi e questo pesava sul loro rendimento perché quando dovevano vaccinare i bambini avevano davvero poca voglia di dedicargli un sorriso o una parola di conforto, ma anche di approfondire il loro stato di salute, ponendo come unica domanda: “La bambina sta bene?” a differenza della prima volta che siamo usciti di li che sembrava fossimo stati in una ludoteca.

E allora, perché non riuscire a mantenere un servizio così efficiente, almeno per i bambini, che già certamente arrivano spaventati e poco motivati a vaccinarsi e che poi sono costretti ad attendere più di tre ore, non tanto per l’eccessiva confusione ma per la disorganizzazione?

Dalla parte opposta, infatti, non c’era nemmeno tanta confusione e persone adulte arrivate dopo di noi andavano via velocemente.

E allora ci chiediamo: cos’è successo oggi? Perché non si è pensato di dare una corsia preferenziale ai bambini con una numerazione a parte in modo tale che tutto sarebbe filato liscio senza intoppi.

A che serve la prenotazione se poi si deve ugualmente rispettare l’ordine di arrivo?

Ma soprattutto, come si può pensare che i bambini, ma anche gli anziani, attendano il loro turno in un posto così freddo e scomodo come il tendone? Ricordo che quando per le prime dosi era attivo un apposito spazio all’interno dell’ospedale per potere vaccinare i fragili e gli over 80, che poi quasi sempre sono due categorie che coincidono.

Lì funzionava tutto alla perfezione e forse proprio per questo si è deciso di chiudere. Perché altrimenti ci potremmo abituare alla buona sanità, dove per buona sanità non intendiamo solo riferirci all’operato dei medici e degli operatori sanitari che sono davvero sotto pressione ma, a chi ci mette la testa, a chi prende le decisioni, a chi ha la responsabilità di organizzare tutto.

Anche se alla fine poi chi ci mette la faccia sono loro, noi oggi ci siamo arrabbiati, infatti, con chi lavora all’Hub, perché non riuscivano a darci le informazioni in maniera corretta ma possiamo davvero prendercela solo con loro? E’ possibile che si gestisca ancora quella che sta diventando la quotidianità come emergenza?

Le nostre non vogliono essere solo parole di protesta, vorremmo delle risposte ma soprattutto vorremo che si faccia luce sulla gestione di questo Hub che, a parte qualche barlume di speranza, lascia davvero a desiderare.

Published by
Mariacarmela Torchi