C’è un gesto semplicissimo, e chi apprezza la danza contemporanea, chi segue e conosce il coreografo Roberto Zappalà (che di danza contemporanea ne ha scritto e ne scrive interi capitoli), sicuramente lo avrà notato: a termine di tutti i suoi spettacoli, durante gli applausi, il rinomato coreografo catanese si inchina al pubblico, porta le mani al cuore e poi alle orecchie, a simulare l’ascolto, come fosse un invito rivolto a tutti, spettatori e performers.
Sembra voglia dire ‘ascoltiamo insieme’ ciò che sta accadendo, ora, quando la performance si è apparentemente esaurita, e invece prosegue, perché è negli applausi che si completa il senso dell’arte stessa: il discorso smette di essere unilaterale, dal palco verso la platea, e si fa bilaterale… il pubblico trova la sua voce e risponde al messaggio che durante l’ora di spettacolo ha osservato, ascoltato, assorbito.
Il dialogo si compone tutto intero, proprio al finale, con gli applausi, e rende il teatro necessario, in quanto ci allontana dal silenzio dell’indifferenza, portando con sé un coinvolgimento, un richiamo alla presenza, a non scappare via… e quant’è difficile, oggi, non scappare via ?
Domenica scorsa, al Teatro Stabile di Catania, è accaduto esattamente questo, e in scena c’era ‘Kristo – quadri di dubbia saggezza’, la nuova produzione di Zappalà, che da poco più di trent’anni porta il suo linguaggio, riconoscibilissimo come pochi, in giro per il mondo. Una coproduzione Scenario Pubblico CZD Centro di Rilevante Interesse Nazionale e Teatro Stabile di Catania, in collaborazione con MilanOltre Festival con il sostegno di MIC Ministero della Cultura e Regione Siciliana Ass.to del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo, fino al 18 Dicembre in programmazione.
Un performer, Massimo Trombetta (in doppio cast con Salvatore Romania) che incarna il caos in cui naviga l’uomo moderno, un movimento che di danzato ha poco ma che di danzare non può fare a meno, attraverso la voce, con la drammaturgia a cura di Nello Calabrò.
Il corpo diventa la cassa di risonanza, un amplificatore che reagisce alle parole prese in prestito da una miriade di autori (Wisława Szymborska, Leonardo Sciascia, Milan Kundera,Ernest Hemingway… per citarne qualcuno) e che in lui risuonano nella moltitudine di senso e di non senso. Attorno, undici donne, sante e puttane, che entrano ed escono da quadri di dubbiosa saggezza di “un uomo che si crede Cristo, un uomo che finge di essere Cristo, un povero cristo“, in un richiamo kafkiano, come sottolineato dall’onomastica del titolo.
Tra le figure di queste donne (Rebecca Bendinelli, Giulia Berretta, Sofia Bordieri, Andrea Rachele Bruno, Oriana Catania, Laura Finocchiaro, Paola Fontana, Anaelle Spampinato, Paola Tosto, Alessandra Verona) anche Simona Puglisi, giovane danzatrice modicana, selezionata per questa prestigiosa produzione artistica.
In un discorso d’unica voce, autoironica, folle, a tratti leggera e poi pure potente, fragile come gli oggetti che distrugge… a seguirlo, ogni tanto ci si perde, per poi rinsavire con la stessa forza del getto d’acqua sotto cui il corpo nudo non può che lasciarsi scorrere, depurato per quegli attimi, dalle storture del sé.
Un ‘viaggio-specchio’, un po’ divertente, un po’ schizofrenico… e allo spettatore spetta di decidere che farne: guardare o guardarsi?