( di Giuseppe Calabrese ) – Gli eventi alluvionali che colpirono il Sud dal 16 ottobre 1951 in poi indussero il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi a portare concreta solidarietà anche alle popolazioni iblee più colpite di Modica e Scicli, ma quella visita del 24 ottobre fu l’occasione per un gesto di riconciliazione.
Il Capo dello Stato ebbe infatti modo di incontrare e di conoscere nel corso del suo passaggio a Modica l’ex sottotenente dei Bersaglieri Giovanni Caso, che aveva combattuto sotto le insegne della Repubblica sociale e che si era reso protagonista nel 1945 di un episodio (sul quale tuttavia non ci sono ricostruzioni unanimi, n.d.a.) proprio a Dogliani, in provincia di Cuneo, dove Einaudi aveva la sua villa, quando l’economista liberale viveva ancora in Svizzera dove era stato costretto a riparare per sfuggire al fascismo. L’incontro avvenne sul piazzale del Santuario della Madonna delle Grazie, dove il Presidente della Repubblica ebbe uno dei bagni di folla.
Fu lo stesso Caso, che all’epoca aveva 33 anni, ad avvicinarsi all’auto presidenziale ed a presentarsi alla prima first lady, donna Ida contessa Pellegrini, con la quale scambiò le prima battute. <Non so se la vostra governante, signora Michels – esordì Caso –, vi ha parlato di me. Ho alloggiato nella vostra villa di Dogliani, impedendo che fosse data alla fiamme insieme alla ricca e preziosa biblioteca>. Un episodio di cui i coniugi Einaudi erano stati messi al corrente dalla loro governante al loro rientro dalla Svizzera. Un colloquio che incuriosì non poco il Presidente Einaudi che, una volta appreso chi fosse quel giovane modicano, gli strinse forte la mano tra le sue e lo ringraziò per quello che aveva fatto esprimendo tutta la sua riconoscenza.
L’ex Rsi Giovanni Caso
L’episodio a cui si riferiva Caso (noto poi in città per essere stato per diversi anni insegnante di Educazione fisica) si verificò tra il 4 e il 6 febbraio 1945, quando il territorio del Cuneese era diventato teatro di duri scontri tra le unità partigiane ed i reparti repubblichini. Le forze della Rsi (Repubblica sociale italiana) erano impegnate a conservare sempre libero il “corridoio” dalla Liguria al Piemonte per assicurare il regolare afflusso di rifornimenti ed armi dalla Germania. In questo scenario di guerra si inserì il raggruppamento “Granatieri degli Appennini”, che era tra l’altro alla ricerca di una sede dove allocare il proprio comando.
Fino a quando le schermaglie si trasferirono proprio nei pressi di Dogliani, dove si trovava la residenza del professore Einaudi, quando alcune formazioni partigiane avevano aperto il fuoco contro reparti della Rsi tanto da convincere la Guardia nazionale repubblicana che bisognasse distruggere la villa, ritenuta un presidio della Resistenza. Proprio in quel frangente entrò in scena il sottotenente Caso, nel frattempo approdato a Dogliani, che convinse il comando dei “Granatieri degli Appennini” a dislocare il comando proprio nella villa del futuro Presidente della Repubblica, sottraendola di fatto alla sua distruzione.
<Quando arrivai sul posto mi venne incontro una signora tedesca – raccontò l’ex repubblichino – di cui ricordo solo il cognome, Michels. Mi pregò di intervenire per fermare l’azione distruttiva, facendomi il nome del professore Einaudi>. Un appello che fece breccia sul militare della Rsi, soprattutto quando ebbe contezza di ciò che la villa conteneva. <La Michels – proseguì Caso – mi introdusse nello studio e nella biblioteca contenente migliaia di libri e di manoscritti di valore. Promisi che avrei fatto di tutto per salvare la villa e quei libri, magari in cambio occupandola come sede del comando>.
La visita del Presidente Einaudi non fu soltanto una visita istituzionale, ma soprattutto un concreto tributo di solidarietà alle città iblee colpite da quegli eventi calamitosi. Furono infatti distribuiti indumenti, coperte e medicinali, che fu necessario stipare in ben due vagoni del treno presidenziale che si fermò a Catania (Archivio di Stato di Ragusa – Fondo Prefettura). Il Capo dello Stato era accompagnato dal vice presidente del Consiglio Attilio Piccioni, dal ministro dei Lavori pubblici Salvatore Aldisio, dal presidente della Regione Franco Restivo, dagli assessori regionali ai Lavori pubblici Silvio Milazzo ed agli Enti locali Giuseppe Alessi, oltre ad alcuni deputati regionali tra cui Bernardo Mattarella, il padre dell’attuale Presidente della Repubblica.
Ad accogliere al confine tra i territori di Ragusa e Monterosso Almo il Presidente Einaudi, partito di buon mattino il 24 ottobre 1951 dalla stazione di Gela a bordo di una Fiat 1400 con quattro auto al seguito, il vescovo ausiliario di Ragusa e Siracusa monsignor Francesco Pennisi, il prefetto Arnaldo Adami, che si era insediato pochi giorni prima, e la moglie. Lungo le vie di Ragusa, prima di raggiungere la Prefettura per un breve vertice con il prefetto Adami ed il sindaco del capoluogo Giuseppe Arezzi per una prima valutazione dei danni provocati dalle piogge alluvionali, il Capo dello Stato fu accolto da una folla entusiasta.
Il pensiero del Presidente della Repubblica era però rivolto alle popolazioni delle zone più colpite di Modica e Scicli, in quei quartieri più poveri popolati dagli aggrottati. Furono distribuite 100 coperte e 200 lenzuola al Comitato comunale di soccorso di Modica e 200 coperte e 200 lenzuola al Comitato comunale di soccorso di Scicli (Archivio di Stato di Ragusa – Fondo Prefettura). Durante la visita a Modica il Capo dello Stato, accolto con estremo calore dalla popolazione, fu ricevuto in piazza Municipio dal sindaco Gaspare Basile, che lo guidò nel sopralluogo ai quartieri più colpiti dello Sbalzo (Vausu in dialetto, n.d.a.), della Catena, del Dente e di Olivella.
I resoconti giornalistici dell’epoca forniscono un’esatta percezione dei termini del disastro. <Una massa imponente di donne affacciate ai balconi di pietra ha gridato a gran voce – scrisse Arturo Belluardo sul settimanale La Voce di Modica (diretto da Arnaldo Belgiorno, n.d.a.) nell’edizione del 28 ottobre 1951 – una richiesta di aiuto. Case, case, case. Ha gridato a gran voce la sua sofferenza, ha fatto noto il suo continuo incubo, fra il fumido grigiore delle caverne. La scena, unica per il suo orrore e la sua miseria, non ha mancato – aggiunse Belluardo – di fare impressione sul Capo dello Stato e sulla sua squisita consorte negli occhi della quale abbiamo visto brillare lacrime di pena e tristezza>. Analogo quadro si presentò quando il corteo presidenziale si spostò sul piazzale del Santuario della Madonna delle Grazie, dal quale era possibile osservare la distruzione provocata nei quartieri Dente e Olivella dalle piogge alluvionali di giorni prima.
Il Presidente Einaudi a Scicli (Portale storico della Presidenza della Repubblica)
Il Presidente Einaudi raggiunse poi Scicli dove la situazione appariva ugualmente seria. L’inviato del Giornale di Sicilia Giovanni Zanasi, che riferì dei gravi danni causati dagli incessanti temporali nei pressi dell’ospedale Busacca: <Il ponte stradale a tre luci è crollato per la lunghezza delle due campate, circa 24 metri, distaccando il complesso ospedaliero Busacca dall’abitato. Si sta costruendo un passaggio provvisorio più valle – annunciava Zanasi – e una passerella in ferro che servirà a sostituire temporaneamente in maniera sicura l’opera distrutta dalle acque del torrente Modica-Scicli>.
Einaudi con donna Ida Pellegrini a Scicli (Portale storico della Presidenza della Repubblica)
Alle 14 il Capo dello Stato fece rientro a Ragusa in Prefettura per tirare le somme sulle condizioni delle zone alluvionate e sugli eventuali altri interventi da mettere in atto ed insieme al suo seguito consumò un pranzo spartano, nello stile asciutto e sobrio dei politici di allora, fornito dal ristorante del capoluogo ibleo “Virgilio” di corso Vittorio Veneto 56, che servì 33 coperti a base di carne in gelatina, probabilmente di maiale, formaggi e acqua minerale (selz) per un costo complessivo di 20.265 lire (Archivio di Stato di Ragusa – Fondo Prefettura). Il Presidente Einaudi proseguì quindi la sua visita in direzione di Gela, con una breve tappa a Vittoria, e Caltagirone.
La ricevuta del pasto frugale di Einaudi e seguito (Archivio di Stato di Ragusa – Fondo Prefettura)
Il calore con cui fu accolto in provincia lasciò il segno nel Capo dello Stato che, durante il viaggio di rientro a bordo della corazzata “Andrea Doria”, salpata dal molo Colapesce di Messina il 25 ottobre 1951alla volta della Sardegna, telegrafò in questo modo al prefetto Adami: <Vengo a rinnovare espressioni mio grato animo per ogni sua cortesia nel corso mia visita località alluvioni. Voglia anche, la prego, ricordarmi ai sindaci dei Comuni della provincia di Ragusa e per loro tramite alle popolazioni tutte. Auguro sollecita ripresa e ogni meritata prosperità. Luigi Einaudi>.
Dovrà trascorrere oltre mezzo secolo, ben quasi 55 anni, prima che un altro Presidente della Repubblica mettesse piede in provincia. Il 11 gennaio 2006 Carlo Azeglio Ciampi sarà nel capoluogo ibleo insieme alla moglie donna Franca Pilla, facendo tappa anche ad Ibla e Modica come turista dopo i momenti di confronto istituzionale in Prefettura e alla Camera di commercio ed il bagno di folla in piazza Libertà. A Modica la coppia presidenziale fu accolta dal sindaco Piero Torchi al belvedere di via San Benedetto da Norcia. Nell’ammirare il panorama donna Franca commentò: <Questo incantevole e suggestivo scorcio di paesaggio rapisce l’anima e fa male al cuore pensare di doversene separare>.
In copertina il Presidente Luigi Einaudi con il sindaco di Modica Gaspare Basile
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