Dal 1 gennaio 2024 tutto il Mezzogiorno è un’unica super ZES, cioè Zona Economica Speciale: Sicilia, Sardegna, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Molise e Abruzzo.
Uno status, quello della ZES, che si presentava come un’opportunità per superare l’atavico divario tra Nord e Sud Italia che dall’Unità ad oggi continua ad essere discusso dai vari Governi che si sono succeduti.
Fin qui nulla di strano, anzi l’obiettivo nobilissimo, ma purtroppo già a fine 2023 quando si paventava l’accorpamento di tutte le ZES regionali esistenti, il rischio implosione era dietro l’angolo. Torniamo qualche anno indietro, riavvolgiamo il nastro. Le ZES sono state istituite nel 2017, ma sono divenute operative nel 2021. Fino al 2023 la loro operatività ha generato un impatto positivo nell’economia locale e nazionale, con importanti livelli di best practices nelle varie zone del Mezzogiorno.
La riforma della ZES, dunque, ha fatto ben sperare inizialmente perché visto l’andamento dal 2021 al 2023, si prefigurava un impatto economico consistente. L’unificazione ha permesso di ampliare i territori che potevano diventare zona economica speciale, oltre ad un coordinamento unitario nelle attività.
Infatti, le imprese sono state invogliate a investire all’interno delle ZES, anche perché sono previsti una serie di agevolazioni fiscali previsti in legge di bilancio.
Dal 12 giugno al 12 luglio l’Agenzia delle Entrate ha reso noto il modello di comunicazione per l’utilizzo del credito d’imposta per gli investimenti effettuati nella Zes Unica, secondo quando previsto dal Decreto Sud che l’ha istituti.
Per questo le aziende interessate in questo ultimo mese sono state tenute a comunicare le spese sostenute, e oggetto di credito di imposta secondo la normativa, dal 1 gennaio 2024 e quelle previste fino al 15 novembre 2024.
Dal 13 luglio l’Agenzia ha lavorato alle richieste pervenute dalle imprese, però qualcosa è andata storto. Infatti con un suo provvedimento l’Agenzia delle Entrate ha comunicato che tutte le imprese otterranno un’agevolazione del 17,6668%, rispetto all’ammontare del credito d’imposta richiesto. Ben al di sotto del contributo atteso, che in alcune regioni come la Sicilia poteva arrivare fino al 60%.
Gli investimenti ammessi alla misura del credito d’imposta vanno da un minimo di 200.000 euro a un massimo di 100 milioni di euro, quindi non pochi spiccioli. Si tratta dalle cifre di investimenti significativi. Stando così a questi dati o il Governo Nazionale sta bluffando, o si vuole mandare ancora più indietro il Mezzogiorno.
Inoltre, Piero Giglione e Nello Battiato della CNA Sicilia spiegano “oltre al danno subito dalle piccole e medie imprese, tagliate fuori dalla Zes Unica a causa dell’investimento minimo di 200 mila euro richiesto per beneficiare delle agevolazioni, anche le altre aziende sono state beffate. Il credito d’imposta concedibile in Sicilia nella misura massima del 60% dell’investimento è infatti sceso al 10,60%. Un flop annunciato che deprimerà fortemente gli investimenti nell’Isola ed in tutto il Mezzogiorno”.
La Zona economica speciale non è qualcosa di lontana dal nostro territorio, anzi, nella precedente organizzazione la provincia di Ragusa contava ben 5 comuni, con aree strategiche per l’imprenditoria. Città che contano importanti imprese, fiore all’occhiello in vari settori.
Quanto sta avvenendo in questi giorni ha dell’inverosimile, ma se non vi si pone rimedio al più presto avrà ripercussioni significative.
Lo scorso 21 aprile (leggi qui l’articolo) l’assessore Eddy Tamajo ha parlato di “occasione unica per la competitività”, durante l’incontro organizzato dall’on. Ignazio Abbate nella zona ASI Modica-Pozzallo. Senza dubbio la misura è unica, ma rischia l’implosione perché le imprese non sono fatte solo di macchinari (beni acquistabili con il credito d’imposta), ma anche di uomini e donne e delle loro rispettive famiglie.
Inoltre quanto annunciato dall’Agenzia delle Entrate, lo scorso 23 luglio, non tradisce solo le imprese, ma tradisce interi territorio che grazie a queste imprese creano occupazione, benessere ed economia.
Giuseppe Santocono, presidente Cna Ragusa, con delega alla Zes in ambito regionale commenta: “Si tratta di una vicenda assurda ed incomprensibile, per la quale a farne le spese, come sempre, è chi lavora a produce e fa non pochi sacrifici. Le Istituzioni siano alleate delle imprese con i fatti e non solo con le parole. E’ il tempo di agire con concretezza e nell’interesse dell’economia sana”.
Certo è vero le richieste sono state tante, ammontano a 9,4 miliardi di euro a fronte della disponibilità di 1,7 miliardi di euro. Forse questo è il risuolato, inatteso, di aver accorpato in un’unica ZES un territorio molto ampio come il Mezzogiorno.
Inoltre, va detto altresì, che il Mezzogiorno ha al suo interno filiere poliedriche e importanti per il futuro non solo del Sud ma dell’intero sistema Paese. Vero è che l’allarme era stato lanciato prima dell’avvio della ZES unica. Adesso occorre porvi rimedio con un aumento delle risorse disponibili. Questo permetterà di non essere un disastro e di condurre al baratro ancora una volta il Sud Italia.
“Va al più presto aumentata la dotazione finanziaria della misura – aggiungono Piero Giglione e Nello Battiato – e condiviso un nuovo approccio considerando il fatto che questa agevolazione ha escluso gli interventi delle micro e piccole imprese. È tempo dunque di riflettere attentamente su come valorizzare le risorse pubbliche attraverso un coinvolgimento delle Regioni e dei territori. E limitando altre criticità come l’ingorgo autorizzativo di una struttura centralizzata a Roma”.
Infine la classe politica regionale deve svegliarsi dal torpore e agire in modo determinate. Infatti è necessario oggi individuare un nuovo percorso di politica economica. Ad esempio scegliendo quali settori devono essere trainanti in un territorio così da garantire certezze a chi compie investimenti.
Giorgio La Pira nel suo libro L’attesa della povera gente, sosteneva che bisogna “spendere organicamente, secondo piani determinati. Non bisogna lasciarsi impressionare dalle parole: “pianificare” significa mettere ordine, orientare verso uno scopo: significa che il sistema economico e finanziario di uno Stato non può essere lasciato a se stesso, ma deve essere finalizzato in vista di scopi proporzionati all’occupazione ed ai bisogni essenziali dell’uomo” (pag.33).
La ZES risponderà pienamente al suo obiettivo quando partirà dalle peculiarità dei territori e delle persone che lì operano. Perché investire per il Sud non è un contentino morale, ma è rendere l’Italia più competitiva a livello mondiale.