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Come una efficiente, efficace e motivata Pro Loco può aiutare la crescita della “Società Civile”

Le Pro Loco devono trovare ampi spazi per ideare e proporre progetti da gestire autonomamente sfruttando le risorse poste a disposizione da bandi regionali, nazionali ed europei o da sollecitare in intese con il Municipio.

( di Carmelo Modica) – E’ sufficiente riflettere sulle finalità espresse dall’art. 1 del Codice del terzo settore (2017) e quelle contenute nelle varie leggi regionali che giustificano i privilegi che l’ente Comune, tra le tante associazioni, attribuisce alle Pro Loco, per rendersi conto di come le Istituzioni statali desiderano mettere a frutto il grande desiderio che la “società civile” ha in se, raggruppando nelle più disparate forme associative, il desiderio del singolo cittadino di  perseguire il bene comune.

Per certi versi questa ansia della società civile, riteniamo sia motivata dalla insoddisfazione che il cittadino singolo riscontra nei risultati della politica in generale e dalla delusione che gli proviene dal fatto che anche la propria parte politica, in un clima di politica del compromesso, a torto o a ragione, non è nelle condizioni di soddisfare a pieno le sue aspettative.

Ma in effetti la stessa ansia, in effetti, asseconda anche la necessità di superare quel gap, che ormai è istituzionalizzato nella politica, che vede soffrire la qualità del processo decisionale di una politica che appare privilegiare gli obiettivi di ricerca e mantenimento del consenso rispetto alla  ricerca e realizzazione dei provvedimenti utili alla Comunità.

E’ partendo da questo stato di cose che conseguenzialmente, come risposta alla mediocrità dei processi decisionali, in termini di un pratico ed operativo “che fare?”, si manifesta la cultura delle “sociétés de pensée” (società di pensiero) teorizzate da Augustin Cochin che, nel corso del primo decennio del Novecento, le definì un metodo culturale per creare “una repubblica ideale ai margini della vera […],dove le decisioni prese sono solo auspici ed i suoi membri non hanno personale interesse né responsabilità riguardo alle questioni di cui parlano“.”(1)

Ed è per questa assenza di interesse diretto e di responsabilità, riguardo all’oggetto delle discussioni, che questi “Centri di ricerca, dibattito e riflessione – scrive Mattia Diletti, Ricercatore della Sapienza di Roma, (2) rimangono un passo indietro rispetto allo scontro politico quotidiano, allo scopo di guardare lontano in termini di strategie, scenari e produzione di ricerca e idee”, quindi con atteggiamento di indipendenza rispetto la politica.

Nella disciplina del terzo settore e delle più antiche Pro loco, si avverte la volontà del legislatore di ripercorrere il successo che ebbero i serbatoi di pensiero che durante la seconda guerra mondiale nacquero, come sezioni speciali del Dipartimento di Stato americano, per riunire scienziati, ufficiali, esperti, strateghi militari, per ragionare e riflettere sull’andamento del conflitto e sulle prospettive di lungo periodo, con la caratteristica fondamentale che fu quella di riflettere e studiare isolati dalle notizie relative all’andamento quotidiano della guerra.

Abbiamo trovato tracce di questo metodo, che è l’unico che consente di migliorare i processi decisionali che spesso la Politica mortifica ponendoli al servizio del consenso elettorale, nelle Pro Loco ed ora negli enti del terzo settore.

Infatti, analizzando gli scopi sociali definiti nello Statuto delle pro loco siciliane, ma anche la normativa con la quale vengono definiti gli standard per poter mantenere la iscrizione nell’albo regionale della Pro Loco siciliane si rileva che l’obiettivo globale è quello di affiancare alle attività istituzionali comunali degli organismi che hanno il compito di studiare e realizzare dei veri e propri laboratori operativi più orientati a coinvolgere la società civile che a supportare obiettivi di carattere politico.

Bene se è vero che, le finalità e le attività della Pro Loco di Modica, sono orientate al favorire lo sviluppo sociale e turistico del territorio attraverso la valorizzazione delle risorse naturali, culturali, storiche e sociali del territorio comunale promuovendo il patrimonio culturale e paesaggistico, con iniziative che spaziano dall’organizzazione di eventi culturali e ricreativi, alla gestione di attività turistiche, si comprende come attività di questo genere richiedono la creazione di un centro di studi e documentazione che è tipico dei “serbatoi di pensiero”.

In pratica, lo stato giuridico che viene disegnato dall’attuale normativa per le Pro Loco, può essere sintetizzato in un “poter fare” –  proprio per effetto di tale stato giuridico – molto più delle comuni associazioni culturaliche compongono la società civile, il che assicura la massima autonomia alle Pro Loco ma anche un’azione di traino dell’intero settore.

Ed è in questa autonomia che la Pro Loco deve trovare gli ampi spazi di ideare e proporre progetti da gestire autonomamente sfruttando le risorse poste a disposizione da bandi regionali, nazionali ed europei o da sollecitare in intese con il Municipio in un rapporto di reciproca collaborazione nobilitata dal solo interesse di rendere un servizio alla Comunità.

Eppure, nonostante le grandi possibilità di interventi le Pro Loco sono appiattite nella pigra limitazione delle loro attività alla sagra delle cipolle e delle patatine fritte o alla estemporanea presentazione di libri, che spesso sembrano solo un metodo “ppi fari scrusciu”, facendo confusione tra animazione sociale e promozione turistica, tra pannicelli caldi e opere degne.

Questo argomento mi è caro perché ritengo che sia quel metodo che consentirebbe anche di governare senza andare al potere la cui gratificazione sarebbe quella di realizzare delle cose senza alcuna speranza di ricompensa, proporre progetti fattibili e sperare di far vincere la qualità sulla superficialità, la pigrizia ed la narcisistica esibizione di cariche e titoli.

Quanto vado proponendo è cosa impegnativa e richiede mutamenti culturali e di modo di essere, perché una Pro Loco, ma anche una qualsiasi associazione culturale, non può raggiunge alcun risultato se non si organizza con una adeguata struttura interna operativa, se istituisce un sito internet e poi non lo rende operativo, se non riunisce mai i suoi organi collegiali, se mortifica i diritti degli associati e se non programma nulla di nulla.

La recente istituzione dello “Albo comunale delle associazioni culturali” potrebbe favorire la maturazione di un luogo in cui la società civile, nella sua variegata composizione, si coordina e pianifica con efficacia.

L’alternativa è quella vecchia e dura a morire: costituire un’associazione e poi correre appresso a questo o quel politico per elemosinare contributi attribuendo alla politica le colpe del proprio fallimento.

Carmelo Modica

(1) AugustinCochinLa società di pensiero e la Rivoluzione francese. Meccanica del processo rivoluzionario, Il Cerchio editore, Rimini 2008

(2) I think tank. Le fabbriche delle idee in America e in Europa, Il Mulino editore Bologna 2009

Foto di copertina tratta dal web

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Redazione