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Deportare migranti in Albania è la giusta soluzione al fenomeno migratorio?

Nelle ultime ore si parla tanto del trasferimento di 16 migranti nel nuovo hotspot creato dall’Italia in Albania. La prima nave, Libra della Marina Militare, è salpata nella notte dal porto di Lampedusa direzione Shengjin.

Un’operazione che fa storcere un po’ il naso visto che costerà tra i 250 mila e i 290 mila euro, quasi 18 mila euro a migrante. Nella struttura albanese arriveranno 10 egiziani e 6 bengalesi, che avevano raggiunto le coste italiane su barconi di fortuna partendo dalle coste libiche di Sabrata e Zuara.

La nave Hub a largo di Lampedusa

La Nave Libra, della Marina Militare, è lunga 80 metri e può ospitare 80 marinari e circa 200 passeggeri. Prima di partire verso le coste albanesi la nave ha fatto da hub per i primi screening in cui vengono escluse donne, minori, persone torturate, malati che saranno fatti scendere a Lampedusa e da qui immessi nel normale circuito di accoglienza in attesa che la loro richiesta di asilo venga vagliata dalle commissioni territoriali. Mentre gli uomini adulti, provenienti da uno dei 22 Paesi ritenuti sicuri dalla lista della Farnesina saranno portati fuori dall’Italia.

In merito a questa operazione condotta dal Governo Italiano c’è stata una levata di scudi delle opposizioni, ma fa riflettere anche quanti giorno dopo giorno si spendono in un’accoglienza sempre più inclusiva.

L’appello per concludere queste pratiche

“Non possiamo rimanere in silenzio di fronte a ciò che sta accadendo”, afferma Agostino Sella presidente dell’Associazione Don Bosco 2000. “Deportare migranti verso l’Albania ricorda tristemente pratiche autoritarie del passato che hanno portato l’Italia fuori dal rispetto dei diritti fondamentali della persona. Questo Governo sta scegliendo la strada della repressione e della disumanità, allontanandosi dai principi di solidarietà e accoglienza che dovrebbero essere il fondamento della nostra Repubblica” aggiunge ancora il presidente.

Senza dubbio c’è qualcosa che non va, infatti parlare di continuità nelle partenze verso Paesi terzi, selezionando solo persone provenienti da Paesi ritenuti ‘sicuri’, è un passo ulteriore verso la disumanizzazione della migrazione. Quale il rischio? Sicuramente quello di ridurre la dignità delle persone a un numero, a una casella burocratica da spostare senza nessuna considerazione per la loro storia, le loro vulnerabilità e il loro futuro.

Agostino Sella, presidente di Don Bosco 2000, lancia un appello alle istituzioni e alla società civile affinché si ponga fine a queste pratiche. “Non possiamo permettere che l’Italia segua una deriva verso destra, che rievoca le ombre del passato, rinunciando al proprio ruolo di promotore dei diritti umani e del rispetto della dignità della persona. L’accoglienza non può essere una parentesi: è un impegno permanente, una responsabilità morale da cui non possiamo fuggire.”

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Pierpaolo Galota