di Giuseppe Calabrese – La vigilia di Natale del 1924 non fu la stessa per tutte le famiglie a Scicli, che faceva ancora parte della provincia di Siracusa. In casa Gambuzza si riuniva in gran segreto una “famiglia politica” destinata ad opporsi strenuamente al fascismo.
Proprio nella notte di quel 24 dicembre, di cui proprio quest’anno ricorrono i cento anni, mentre tutte le famiglie si raccoglievano attorno al focolare domestico per celebrare il Natale, il terzo dall’avvento del fascismo, nasceva infatti la Federazione provinciale di Siracusa del Partito comunista d’Italia (Pcd’I, n.d.a.) sezione della Terza Internazionale, alla presenza Umberto Terracini (nel 1947 sarà eletto presidente dell’Assemblea Costituente, n.d.a.), eletto alla Camera dei deputati il 6 aprile di quell’anno e poi rinchiuso nelle carceri fasciste dal novembre 1926 fino all’agosto 1943, giunto in città sotto mentite spoglie per costituire in questo estremo lembo della Sicilia sud-orientale una delle forze politiche che nel territorio più contrastarono il regime appena nato.
La famiglia Gambuzza al completo con al centro il capostipite Nino (Foto Alessia Gambuzza)
Una vicenda inedita ricostruita da chi scrive per la prima volta 38 anni fa in un numero speciale del Corriere di Modica del 15 marzo 1986 (la nuova versione del periodico edita da Franco Ruta che dimostrò tanta lungimiranza) uscito in concomitanza con il convegno storico “L’area degli iblei tra le due guerre” tenutosi nell’aula consiliare del Comune di Modica ed organizzato dal Centro studi “Feliciano Rossitto”. Di quella notte di Natale piuttosto particolare esisteva una foto, di cui si sono perse le tracce, che per anni fu esposta nella sede dell’impresa agricola Gambuzza. Ritraeva quei comunisti temerari che, poco più di due anni dopo l’avvento del fascismo, scelsero di rischiare l’arresto pur di dare un’organizzazione stabile al proprio partito.
L’assemblea congressuale in casa Gambuzza a Scicli rappresentò una tappa importante nella storia del Partito comunista. <Solo in seguito al primo congresso costitutivo del 24 dicembre 1924 – scrissi sul Corriere di Modica – il Pcd’I si diede un’organizzazione più stabile>. A raccontare quel congresso clandestino fu Vincenzo Zacco, secondo segretario sezionale del Pcd’I a Modica, che faceva il fabbroferraio. Lo raggiunsi nella sua casa popolare del quartiere Dente e lo intervistai alla presenza di Giorgio Scirpa, dirigente sindacale della Cgil, che mi segnalò questa storia e mi mise in contatto con il “compagno Zacco”, il quale ricordava per filo e per segno quella rischiosa notte del 24 dicembre 1924 a Scicli.
<Andai a prendere – ricostruì nel dettaglio Zacco – alla stazione ferroviaria di Scicli Umberto Terracini, su incarico di Turi Cappuzzello. Il treno arrivò alle 20,10, io non conoscevo Terracini, ma mi avevano descritto i suoi connotati. Quando lo incrociai, assieme al suo segretario – continuò nella sua testimonianza – passai al centro (della pensilina) e pronunciai la parola d’ordine convenuta: “Bari”, loro risposero “Bologna”, poi mi seguirono>. Dal congresso fu eletto il nuovo direttivo provinciale del Pcd’Italia. Furono chiamati a farne parte Turi Cappuzzello, che era già nel 1922 segretario della federazione, Giovanni Lauretta, oramai passato nelle fila dei comunisti, e Salvatore Terranova. Come responsabili della giovanile furono scelti Giorgio Giannone e Salvatore Vitale. Terracini ripartì di buon mattino da Scicli il giorno di Natale
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I lavori congressuali di Scicli non furono l’unico appuntamento clandestino. <Anche il Partito comunista, allora Pcd’I sezione della Terza Internazionale, aveva una sua rete clandestina. Già nel gennaio del 1921 – ricordavo su il Corriere di Modica – fu scelto come primo fiduciario della Federazione provinciale di Siracusa Francesco Calabrese Azzaro, di Modica, tipografo nella stamperia “G. Maltese Abela”. Il Partito comunista allora era già organizzato in cellule, formate da non più di quattro persone, coordinate da un capo cellula; lo stesso tipo di organizzazione aveva il Psi. Il Pcd’I di Modica all’epoca poteva contare su circa una quindicina di cellule, coordinate dal segretario sezionale Turi Cappuzzello, calzolaio, prima socialista e poi passato con i comunisti>.
Francesco Calabrese Azzaro di Modica fiduciario della federazione del Pcd’I nel 1921 -1922 (da il Corriere di Modica del 15 marzo 1986)
Una “resilienza” degli oppositori al fascismo che non riguardò solo il Partito comunista, ma anche altre forze politiche, che riuscirono per altri due anni, fino al 1926, a sfuggire al processo di fascistizzazione del Paese intrapreso dal regime, nonostante i stringenti controlli di polizia specie su esponenti antifascisti come l’avvocato Carmelo Nifosì, l’insegnante Giovanni Ragusa ed il calzolaio Giovanni Lauretta. In particolare a Modica, operavano gruppi organizzati di oppositori al regime formati da artigiani ma anche di uomini di cultura, a conferma della forte vocazione democratica di questo lembo del territorio del Sud-est.
Sempre nello stesso numero speciale del Corriere di Modica del 15 marzo 1986, raccoglievo proprio la significativa testimonianza del socialista Giovanni Ragusa su come si vivevano quegli anni di “prefascistizzazione”. <Ci riunivamo a casa dell’avvocato Carmelo Nifosì – raccontò in particolare Nannino Ragusa –. Leggevamo i testi di Carlo Marx, ma era anche un nostro punto di ritrovo la calzoleria di Giovanni Lauretta. Una volta ci riunimmo in occasione della festa di San Giorgio, approfittando della confusione – aggiunse ancora Ragusa –, un’altra volta ci convocammo davanti al Palazzo di giustizia pensando di essere pochi e per un soffio non rischiammo l’arresto, visto il numero di partecipanti>.
La “piazza” di Scicli dimostrò storicamente una forte fibra democratica sin dai primi rigurgiti fascisti antecedenti alla Marcia su Roma. Nell’ambito di una lunga ed articolata inchiesta dal titolo “Fascismo e partiti borghesi nel circondario di Modica nel periodo 1921-1924”, il giornalista e deputato nazionale del Pci Virgilio Failla, con lo pseudonimo di Vitale, ricostruì sull’edizione de La voce del popolo del 20 marzo 1955 un episodio che confermava come già alla fine del 1920 i fenomeni di squadrismo fossero all’ordine del giorno. <Ricorderò – esordì Failla in un passaggio sicuramente tra i più brillanti ed ironici – un solo episodio: quello della “spedizione punitiva” organizzata da un folto gruppo di squadristi modicani a Scicli, il 26 dicembre 1920>.
Entrando nei dettagli, il giornalista Failla-Vitale riferì che, <secondo i piani dell’eroico stuolo, un comizio dell’avvocato Rizzone Viola avrebbe dovuto dar esca ad una selvaggia aggressione contro i lavoratori del comune di Scicli. Ma le cose andarono diversamente, perché i fascisti trovarono pane assai duro per i loro denti e si ricorda che alcuni “leoni” dovettero ricorrere alla longamine ospitalità proprio di Lucio Schirò, l’uomo che erano andati con l’intenzione di bastonare per primo e che invece (oh gran bontà dei cavalieri antiqui!) si indusse ad accoglierli nella propria casa perché potessero provvedere a pulirsi – proprio così, e non per metafora! – certe parti innominabili del corpo che la paura aveva imbrattato di certa materia ancor più innominabile>.
Giuseppe Calabrese
In copertina Nino Gambuzza con i figli Bartolo, a sinistra, e Franco, a destra (da Il Giornale di Scicli del giugno 2024)