La magia del Natale si ripete di anno in anno, di casa in casa, questo in sintesi il racconto del Presepe di Testa Rossa. Un presepe che racconta di unione e senso di famiglia.
“In casa mia, a Natale, c‘è sempre stato e mi auguro per tanti anni ancora possa continuarci ad essere il presepe. Ricordo ancora che quando ero piccolo era mio padre Giovanni Battaglia inteso “Testa Rossa” che cominciava a costruirlo dopo l’8 dicembre, festa dell’Immacolata per poi toglierlo il 6 gennaio, ed erano invece i miei nonni che generalmente mi compravano i pastorelli mentre io con una mia zia e mia madre andavamo poco fuori del centro abitato contrada Beddio nella Ragusa “Nuova” a raccogliere il muschio (u Lippu)” racconta Salvatore Battaglia.
Il presepe era una realizzazione importante, un’opera grandiosa, anche se umile e modesta. Le prime ad essere realizzate erano le montagne, poi si procedeva alla costruzione della grotta, alla sistemazione della terra piena di ghiaia, del muschio, e il tutto innevato con spruzzatina di farina.
“Poi bisognava posizionare le statuine. Le più piccole in alto per dare l’idea della lontananza, per poi arrivare attraverso varie dimensioni a quelle più grandi vicino alla grotta. Mio padre non metteva mai statuine complicate, ma semplici pastori, viandanti e gente comune che si avvicinavano alla grotta per venerare Giuseppe e Maria. Non poteva mancare il laghetto dove si abbeveravano le pecorelle” racconta ancora Salvatore Battaglia.
Oggi per illuminare il presepe e mettere in risalto i dettagli si utilizzano numerose lucine, Salvatore Battaglia spiega che suo padre, invece, usava candeline che accendeva con i fiammiferi da cucina, che poi spegneva inumidendosi il pollice e l’indice della mano. Certamente un’immagine di altri tempi, ma che nella memoria di tanti sarà impressa.
“Alla fine, metteva nella capanna Giuseppe e Maria con il bue e l’asinello, li presepe era finito? Ma no, mio padre faceva un passo indietro, si spostava a destra, poi a sinistra, muoveva una statuina, poi un’altra, e quando aveva perlustrato il tutto, dava una altra spolveratina di farina, ed il paesaggio era invernale” aggiunge ancora Salvatore Battaglia.
Il presepe era un’arte semplice, in cui ogni piccolo dettaglio era curato, un lavoro certosino. La vigilia era il momento culmine, quando andava posizionato il Bambinello nella grotta in mezzo a Giuseppe e Maria. Un tempo veniva portato in processione, con il giro della casa, oggi forse non è più così anche perché in molte case rischia di sparire la tradizione del presepe vuoi per mancanza di tempo, o anche per mancanza di creatività.
Salvatore Battaglia ricordando quei bei momenti, che ancora andrebbero ripresi, afferma: “c’era la famigerata letterina, colorata di quei colori pastello ripassati con i brillantini, che il giorno di Natale avrei messo sotto il piatto di papà e dove avrei scritto: prometto di essere buono, di andare bene a scuola, di ubbidire alla mamma e al papà…… ed anche un timido: mi piacerebbe ricevere da Gesù Bambino……. erano piccole cose che chiedevo ma il mio Gesù Bambino era povero e con amore mi avrebbe lasciato il sacchetto con la frutta secca, il torrone di cioccolato di Monterosso i mandarini e qualche dolcetto…. Ed i giocattoli? Per quelli ci avrebbe pensato la Befana! Sempre se ero stato buono”!!! ”