Nasce un nuovo spazio per saldare la Microstoria con la Grande Storia nelle nostre periferie
Nell’accingermi a curare questa rubrica di storia locale desidero innanzitutto sgombrare il campo
dall’erronea convinzione secondo cui un territorio come il nostro, considerato uno delle “periferie
del Paese” non abbia alcuna possibilità di entrare nella “Grande Storia”.
Ma c’è, spesso, un filo sottile che lega episodi, circostanze, figure che hanno contribuito a fare entrare la
terra iblea in contesti storici più ampi, consentendo di fatto di fare il salto di qualità dalla cosiddetta
“Microstoria” alla “Grande Storia”.
Un lavoro di ricerca iniziato diversi anni fa e che ha finito per accompagnare la mia esperienza
professionale nella stampa quotidiana, specie negli ultimi anni, mettendo il lettore nelle condizioni di
capire quanto le nostre contrade non siano poi così lontane dalla “Grande Storia”.
E’ chiaro che lo Sbarco in Sicilia, per ovvi motivi di natura territoriale, ci abbia coinvolto in modo diretto, anche se ci sono aspetti inediti dell’”Operazione Husky”, di cui ci occuperemo nel primo servizio, che
magari non conosciamo o non abbiamo considerato.
In tal modo si crea una vera e propria saldatura tra la “Microstoria” e la “Grande Storia”, favorendo
un maggiore coinvolgimento, almeno spero, dei lettori che possono guardare a tali eventi con un
occhio diverso, magari meno distaccato e sentirsi pertanto più coinvolti.
Un modo sicuramente utile a fare crescere l’interesse attorno a queste vicende storiche, fino al punto da considerarle parte della propria memoria personale, in particolare tra le giovani generazioni che possono vederle come eventi meno lontani dalla loro epoca non foss’altro per la vicinanza territoriale.
Appuntamento, quindi a leggere “La Storia a chilometro zero”, dove troverete il primo contributo.
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Giuseppe Calabrese