Cava Gonfalone, il recupero e la fruizione nel segno del suo utilizzo nel tempo

Ragusa – Cava Gonfalone è un sito turistico insolito, che si trova nella città di Ragusa. Tutti i passaggi all’interno sono accessibili alle persone in carrozzina. I teatri a sorpresa e la vegetazione all’ingresso sottolineano la particolarità del luogo.

Salvatore Pisani, una delle guide dell’associazione regionale guide turistiche, affascina i visitatori dando voce alla latomia, a questa gigantesca cava di pietra, che rievoca un passato non troppo lontano.

Spiega in dettaglio le scritte sui muri, attrae l’attenzione su una parete coperta dal lavoro inesorabile del tempo e dell’ acqua, che crea un affresco stupefacente.


Chiude il viaggio in questo luogo suggestivo , con un video di preziose testimonianze, raccolte anche da Marcella Burderi.

Esiste attualmente una convenzione tra Comune di Ragusa, Associazione Club Alpino italiano e Associazione regionale guide Sicilia , che si coordinano su questo spazio di circa 15 mila metri di ampiezza.

A partire dalla metà dell’Ottocento, venivano fuori tonnellate e tonnellate di pietra al giorno. La cava avrà il suo massimo momento di produttività durante il periodo fascista. È nello storico ventennio, infatti, che verranno in essere numerosi palazzi istituzionali e opere pubbliche. Pisani, indica dei grandi pilastri, mai scavati, sui quali poggia una parte della città, ospedale compreso.

Elenca i momenti storici che hanno riempito o svuotato la cava. Piena di operai, che solo dopo un anno di lavoro, tra la polvere e i picconi, potevano avere 6 giorni di ferie.

Occupata dai cittadini che cercavano rifugio dalle bombe della guerra, vuota e poi abbandonata e vandalizzata successivamente. Oggi è stimolo e attrazione per cittadini appassionati delle origini territoriali e turisti di passaggio.

Pisani , chiede spesso ai visitatori che nome darebbero a questo ” luogo non luogo, con grandi altezze, che si muove sotto Ragusa.

Spazio che diventa piazza sotterranea in cui scambiare cultura, come l’architetto Salvatore Scuto la definisce. Che emozioni suscita il calpestare questo spazio vasto in cui si alternano la luce e l’ombra? Tutt’altro che un fredda visita guidata, insomma.

Restano fisse le immagini dei pilastri giganteschi in pietra, che sono le basi sotto l’ospedale, le strade, gli uffici.

Restano impressi i riferimenti artistici di Franco Cilia, che realizza una forma stilizzata tra ciò che sembra umano e ciò che umano non è più.

Non si può che perdersi guardando i soffitti pettinati e i giochi di luce. Visto l’entusiasmo dei visitatori sembra, quindi, che la riutilizzazione di questo spazio sia un’impresa riuscita.
Arianna Salemi

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