I compiti a casa servono? Genitori alle prese con chat, dad e pandemia
I compiti a casa servono davvero? È una domanda che ci pone il papà di una figlia che frequenta la scuola elementare a Modica, ma che si fa portavoce di tanti genitori, alle prese con le chat scolastiche e la consegna dei compiti da parte degli insegnanti.
Scrive alla redazione del nostro giornale, questo genitore lavoratore, anche in tempo di zona rossa covid, che ha dovuto affrontare le estreme fatiche del seguire i figli in dad. Rinunciando o spostando i propri turni lavorativi, per sistemare i cavetti delle connessioni on line ha evitato che i figli fossero tagliati fuori dal sistema scolastico proprio in tempo pandemico.
Ora tutto sembra essere rientrato quasi nella normalità, compreso il carico dei compiti a casa.
Ma molte volte questi pesano sui genitori, sovraccaricando l’intero sistema famiglia, e ciò che è ancora peggio, generando differenze culturali proprio all’interno della scuola.
Differenze che l’orientamento della Costituzione Italiana vuole invece eliminare. Il genitore si trova davanti ad insegnanti sovraccaricati da programmi ministeriali, riunioni, burocrazie senza fine, che indipendentemente dalla loro volontà sovraccaricano i bambini di compiti, che molto spesso non hanno neanche il modo di controllare, correggere o confrontare insieme.
Si generano differenze di apprendimento e culturali che solo chi sta economicamente meglio può eliminare, ricorrendo a supporti privati. E i bambini in questo mondo da grandi che cosa pensano?
A detta dell’organizzazione mondiale della sanità i compiti a casa generano stress nei figli e nel nucleo familiare che in base ad essi deve far ruotare le proprie attività lavorative e domestiche.
Si annulla così l’apprendimento, si sviluppa semplicemente una memoria a breve termine. Ma la comprensione dei testi, l’uso del ragionamento logico sono altro.
Si alza così un muro tra genitori e figli, costretti fino a tarda sera ad aiutarli nello svolgimento dei compiti, che vedono più come una punizione che un modo per diventare autonomi, sia nel pensiero che nelle azioni.
L’appello di questo papà, G.R. è quello di fare presente al sistema scuola che i figli hanno bisogno di fare i compiti con altre modalità, non lasciandoli in balia di sé stessi davanti alle consegne scolastiche una volta a casa.
Nonni e genitori non sanno come aiutarli oppure si sostituiscono a loro. Nessuna accusa agli insegnanti, ma solo richiesta di mettersi nei panni dei bambini e di chi è costretto a seguirli scolasticamente fino a tarda sera, ogni giorno.
Dai dirigenti scolastici, più volte richiamati sull’argomento dai rappresentanti dei consigli di classe, sembra non giungere nessuna iniziativa che faccia da mediazione tra questi tre mondi di genitori, insegnanti, bambini.
Arianna Salemi