Ragusa: comparto zootecnico in ginocchio, per effetto della guerra mancano le materie prime
Il grido d’allarme di Michele Leocata principale produttore di mangimi e di Enzo Cavallo presidente del Distretto Lattiero Caseario
Quando si dice che la guerra in Ucraina non è così lontana, lo si dice anche perché le conseguenze di quello che sta accadendo lì si stanno facendo sentire, e anche in maniera piuttosto pensate, in Sicilia.
Il comparto zootecnico, che aveva già fortemente risentito dei rincari dei prezzi dell’energia, del gasolio e delle materie prime, adesso, ha ricevuto il colpo di grazia: mentre infatti, prima, si cercava il prodotto più conveniente adesso si cerca il prodotto.
Gli effetti della sospensione delle esportazioni decisa dall’Ucraina, per materie prime come il mais, ad esempio, destinato all’alimentazione degli animali, di cui l’Ucraina è il secondo fornitore per l’Italia, sono disastrosi.
La situazione è stata ulteriormente peggiorata dalla concomitanza della guerra con la protesta degli autotrasportatori che ha impedito l’arrivo in Sicilia, ed in particolare in provincia di Ragusa, delle navi con le materie prime che oggi sarebbero state fondamentali e che invece vengono a mancare provocando così un blocco totale della filiera.
Il Presidente del Distretto Regionale Lattiero Caseario Enzo Cavallo, in questi giorni, ha raccolto le preoccupazioni dei produttori e degli allevatori di tutta la Sicilia. In particolare, a soffrire, sono le aziende che hanno puntato su una produzione di qualità, dove gli animali hanno esigenze alimentari particolari che devono essere garantite.
E molte di queste aziende si trovano proprio in provincia di Ragusa, che è certamente la provincia più zootecnica del Meridione.
“E’ una situazione insostenibile, dichiara Cavallo, che porterà a delle conseguenze gravissime. Il comporto non ha via d’uscita, anche chi si affida al pascolo sta riscontrando difficoltà causate dalle poche risorse disponibili a causa della siccità e del freddo. Ma la cosa che più ci addolora e che le istituzioni sembrano non raccogliere il nostro grido d’allarme.”
Un grido d’allarme che non doveva nemmeno arrivare così lontano, visto che, proprio in questi giorni, l’Assessore regionale all’agricoltura, Toni Scilla, è stato in visita, in provincia di Ragusa, ma a quanto pare non ha avuto tempo per incontrare gli allevatori rimandando l’appuntamento di qualche mese quando ritornerà nel nostro territorio.
E’ come se un medico rimandasse la visita di un malato terminale con le conseguenze che tutti possiamo immaginare.
A confermare le parole del Presidente Cavallo anche uno dei più importanti produttori di mangimi della nostra provincia, Michele Leocata.
“Siamo in una situazione di incertezza totale, ci confessa Leocata.
“Tutti i prodotti che utilizziamo vengono dall’Ucraina e rischiamo a breve di rimanere senza. Non possiamo più aspettare. Occorre che si prendano delle decisioni che diano delle risposte serie ad un comparto in ginocchio. Abbiamo richiesto un tavolo tecnico per avere una interlocuzione con il Governo Nazionale e Regionale e tutti i soggetti interessati. Chiederemo di liberalizzare le restrizioni del mercato mondiale, ad esempio sul mais argentino. Ne abbiamo bisogno altrimenti non potremo più garantire l’approvvigionamento della grande distribuzione”.
Il perché si sia giunti a questa situazione è il vero nocciolo della questione. L’Italia, e di conseguenza la Sicilia, è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che, sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais, negli ultimi 10 anni, durante i quali, è scomparso anche un campo di grano su cinque, con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati, perché molte industrie, per miopia, hanno preferito continuare ad acquistare per anni, in modo speculativo, sul mercato mondiale, approfittando dei bassi prezzi degli ultimi decenni, anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera.
In Italia, secondo Coldiretti, ci sono le condizioni produttive, le tecnologie e le risorse umane per raggiungere l’autosufficienza alimentare.
Parole che oggi fanno ancora più rabbia perché come sempre dimostrano che il problema reale non è l’Italia ma le scelte scellerate di chi la Governa.
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