Il giornale in classe. L’arte durante la guerra
“Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio, la guerra.” È questa una celebre frase dello scrittore italiano Gianni Rodari, la cui posizione risulta spontaneamente condivisibile, ma allo stesso tempo utopica poiché è constatabile come “senza le guerre la storia registri solo pagine bianche” (G. F. Hegel). A dimostrazione di ciò si può senza dubbio riportare l’esempio quanto mai.
L’inaudita violenza dei conflitti che hanno segnato ogni epoca, pensando anche a quello attuale che si sta consumando in Ucraina, oltre a falciare un elevato numero di vite umane, ha tuttavia coinvolto anche altri aspetti della vita associata, tra i quali sicuramente anche la cultura ed in particolar modo, le opere d’arte. Queste infatti, durante i tumultuosi periodi bellici, sono state danneggiate ed in alcuni casi persino distrutte oppure, nel migliore dei casi, trafugate e disperse, diventando bottino di guerra per i vincitori.
Esempi noti di quanto affermato sono: il furto del candelabro a sette bracci, la Menorah, avvenuto in seguito alla profanazione e distruzione del tempio sacro di Gerusalemme, durante l’assedio della città nel 70 d.C. ad opera dai legionari romani guidati dal generale Tito o ancora rilevante è inoltre il caso relativo a “Gli spaccapietre”, dipinto ad olio su tela realizzato dal francese Gustave Courbet che finì distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale.
Proprio durante quest’ultima drammatica esperienza bellica, che sconvolse gli equilibri europei nel XX secolo, è possibile collocare il progetto del cosiddetto “Führermuseum”, un esempio di museo d’arte che avrebbe dovuto contenere una selezione delle opere acquistate, confiscate o rubate dai nazisti in tutta Europa. La galleria era inquadrata all’interno di un complesso culturale progettato da Adolf Hitler per la città di Linz (Austria), che sarebbe dovuta diventare Führerstadt (it. “Città del Führer”), disegno poi mai realizzatosi.
Ritornando al presente, è recentemente salita la preoccupazione tra le fila dell’UNESCO, che ha iniziato ad incontrare i funzionari dei musei ucraini per discutere della situazione emergenziale e per esaminare l’impatto dei danni artistici già subiti durante questi primi mesi di animosità. Nello specifico, si conta che dopo la distruzione del memoriale dell’Olocausto di Babyn Yar e del Museo di Storia Locale di Ivankiv, sono andati in frantumi anche l’Accademia di Cultura di Kharkiv e la simbolica piazza delle Libertà da cui si accede al Yermilov Ce ntre, museo di arte contemporanea.
Tuttavia, duole riconoscere come a rischio ci siano ancora numerosi monumenti come la Cattedrale di Santa Sofia a Kiev, il centro storico medievale di Leopoli o la scalinata Potemkin di Odessa. Proprio per vigilare sul potenziale aumento del contrabbando di materiale culturale proveniente dalla regione e per mettere in salvo il patrimonio culturale ucraino, essendo svanita la possibilità di un trasferimento delle collezioni all’estero nel breve periodo a causa dell’inasprirsi delle ostilità, tutti, dai civili ai dipendenti museali, si sono mobilitati compresa anche la stessa comunità artistica internazionale che si è messa all’opera per esprimere il proprio dissenso attraverso gesti di solidarietà.
Tra questi è notevole quello dei direttori delle principali istituzioni culturali russe, protagonisti di un’ondata di dimissioni oltre che quello della European Cultural Foundation che ha lanciato il Culture of Solidarity Fund per sostenere attività di condivisione di informazioni attraverso i canali digitali, in contrasto alla bolla propagandistica russa; spazi culturali che offrono riparo ad artisti, operatori e attivisti della società civile; espressioni artistiche che resistono alla dura realtà del conflitto e sostengono l’immaginazione condivisa di un futuro pacifico per l’Ucraina e l’Europa.
Scritto da: Accetta Giovanni Rosario, Antoci Matteo, Causapruno Sara, Garretto Giuliano, Tolomei Giovanni Andrea, Tumino Cristian
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