L’Intervista della domenica. Incontriamo il neo Presidente di Arcigay Andrea Ragusa “Sogno un mondo senza pride”

C’è una parola che nel mese di Giugno ormai alle porte, risuona con un’eco ogni anno più vasta.Sconfina ben oltre i social e diventa reale: il pride. 

La manifestazione cardine in difesa dei diritti di genere, dei valori di uguaglianza e solidarietà, con uno sguardo rivolto ad illuminare la comunità LGBTQ+ (una sigla che racchiude Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Queer, Intersessuali ed Asessuali) per la prima volta non rimarrà soltanto voce, ma si farà azione concreta anche nel nostro territorio. 

Ragusa, nella sua frazione balnerare, ospiterà infatti un grumo di iniziative culturali dal 23 al 25 Giugno che si concluderanno con la parata arcobaleno.

Elenoire Ferruzzi, icona gay e nome di spicco sui social, sarà la madrina dell’evento che porta con sé l’intento universale di farsi simbolo di apertura, ascolto e rispetto dell’unicità di ciascun individuo. Un momento assolutamente inedito per la nostra provincia, occasione che cogliamo per incontrare Andrea Ragusa, giovane sciclitano, neoeletto Presidente dell’Associazione Arcigay di Ragusa. 

Una chiacchierata in libreria, lì dove Andrea lavora, per seminare interrogativi e riflessioni mai come adesso estremamente attuali.

Qualche settimana fa sei stato eletto Presidente dell’Associazione Arcigay Ragusa… ambivi a questa nomina o è stato un avvenimento inaspettato ?

Già due anni fa mi era stata proposta l’idea di diventare presidente dell’associazione Arcigay Ragusa, l’ho sempre rifiutata per diversi motivi… non mi sentivo adatto, pensavo che un certo tipo di associazionismo portato avanti in un determinato modo, non era stato fatto bene, del resto chi mi precede ha fatto anche tanti danni, proprio a livello di immagine. E questo era, in un primo passaggio, la cosa che mi impauriva di più: avere un’immagine negativa, difficile da scardinare, legata all’associazione. Successivamente ho valutato ciò che potevano essere invece i punti forti di questa esperienza, con la certezza che Arcigay non sia mia… io ci sono di passaggio, ci sono oggi, ci sono in questo tempo di presenza e proverò a fare del mio meglio.”

In termini concreti, quali sono i progetti a medio-lungo termineche Arcigay Ragusa vuole avviare oggi ?

La mia idea è di dare vita a percorsi, non dimenticarmi di quelle persone che non vedo fisicamente, perché è più facile dare voce a chi incontri tutti i giorni. Non voglio dimenticarmi di chi vive ancora nascosto, nell’ombra, una vita negata. Essere, attraverso la mia voce, la voce di chi adesso non riesce a parlare. Una delle prime cose che abbiamo fatto e i cui frutti si vedranno ufficialmente a fine giugno, è stata fare richiesta per accedere al patto di solidarietà. A Scicli esiste un patto che unisce più associazioni che quindi sono compatte, chè se c’è da lottare lo si fa insieme, se ci sono degli incontri comuni tu sei presente, a livello di immagine ma anche di lavoro, tu crei rete, crei la possibilità di non batterti da solo, anche perché siamo sempre lì, il diritto non è mai per il singolo, ma riguarda tutti, indipendentemente dalla tipologia associativa. Stiamo lavorando per costituire un centro di ascolto, attraverso figure formate, in primis per l’associazione stessa, perché essere omosessuali non vuol dire mica essere formati sui vari argomenti che ruotano attorno a questo mondo, anzi. Spesso ci accontentiamo di essere organizzatori di eventi piuttosto che creatori di dinamiche di incontro, di relazioni. È un’istanza che sto raccogliendo, già prima di ricoprire questa carica e ancor di più adesso, mi arrivano continuamente messaggi che alimentano in me un’urgenza interna: non si può vivere facendo finta che queste realtà non esistano”.

Si apre quindi una nuova fase, a partire dall’estetica grafica del logo dell’associazione, vuoi spiegarci meglio il significato che si cela dietro il simbolo protagonista del colibrì ?

Mi chiedono spesso quali sono i punti del mio programma, io l’ho indicato prendendo in esame proprio il nuovo logo: il colibrì èl’unico pennuto capace di volare anche all’indietro…un’immagine che si lega al concetto di ‘fare memoria’, guardarsi indietro per avere la capacità di andare avanti, partendo anche dagli errori fatti, gli scandali del passato che hanno infangato l’immagine dell’associazione di cui mi scuso, per costruire un presente ed un futuro verso un’altra direzione, insieme. Mi rendo conto che io stia parlando di un programma molto idealista, ma per essere cittadini del reale bisogna essere cittadini prima dell’ideale, altrimenti c’è il rischio di diventare burocrati di un’associazione. Se si toglie il tempo dell’incantamento rimane soltanto la realtà, e se vivessimo solo la realtà, senza sentire il desiderio che ci spinge a renderla migliore… che senso ha ?”

Il desiderio predominante della comunità LGBT è quello di rompere ogni limite di marginalità rispetto alla società, ma non c’è il contraddittorio rischio di ingabbiarsi nelle definizioni ?

“Il rischio c’è, senza dubbio, come in qualunque altra battaglia comune, però penso la comunità sia una: quella degli esseri umani. Il definirsi nasce dal fatto che qualcuno non ci riconosce, perciò si ha il bisogno di darsi un nome, del resto, se definisco qualcosa vuol dire che quella cosa esiste, senza dubbio però bisogna fare attenzione a non cadere nell’esasperazione del politicamente corretto… il confine è labile… ma forse, la sfida sta proprio qui. Penso però che ci sia un’evoluzione nella direzione di apertura, basti pensare al nome del pride, ormai non viene più definito ‘gay pride’ ma soltanto pride, perché vuole diventare un momento di condivisione, di apertura, di lotta trasversale per le minoranze che esistono. Il nome che può ingabbiarti ha assunto dei confini meno calcati, proprio ad intendere il valore di questo momento collettivo in cui valorizzare l’orgoglio di essere ciò che si è.

Per la prima volta il pride si svolgerà anche a Marina di Ragusa dal 23 al 25 Giugno, tu hai definito ciò come una ‘svolta storica’, in che modo questa manifestazione può essere un’opportunità per la nostra comunità ?

Sento di risponderti con una frase che mi colpì anni fa ad un pride a Torino: ‘la prima volta fu rivolta’. È una frase che ho inciso dentro, la rivolta per me sta nella possibilità di guardare qualcosa in un modo nuovo, quindi volgo l’attenzione, mi accorgo di qualcosa che prima non c’era, mi accorgo di esseri umani che prima non c’erano, o che per troppo tempo hanno vissuto a metà, invece la possibilità del fare comunità, come legame tra diversi cittadini, è questo. Io ci sono perché il diritto mio è il diritto tuo. Il pride può essere un passo nella lotta all’indifferenza, che è una piaga perché mi allontana dal principio di realtà, facendomi credere che ciò che accade nel mondo sia distante da me. Io sogno un mondo senza pride, senza associazioni, perché vuol dire che sarà il tempo dell’equilibrio, ma adesso l’equilibrio non c’è, ed è qui che entra in gioco la nostra azione, fare per me e per te, essere voce della presenza di esseri umani, per dire che tu mi vedi oggi ma mi vedrai ancora. Nel quotidiano quello che manca è una persona che ti ascolti, avere la prova che qualcuno si stia facendo carico di una battaglia tua e di tutti, il pride diventa l’occasione di creare rapporti nuovi.Spero davvero che non si fermi solo all’impatto visivo della manifestazione, ma diventi l’occasione di far capire a chi vive ancora nell’ombra che non è da solo.”

Qual è stato l’atteggiamento delle istituzioni alla proposta di questa importante manifestazione a Marina di Ragusa ?

Sebbene io sia stato presente in carne ed ossa solo nella fase finale di approvazione, mi sono subito reso conto di quanto il sindaco di Ragusa Peppe Cassì sia stato entusiasta di accogliere un evento mai visto in provincia. Quando le quattro associazioni Arcigay Ragusa, UAAR Ragusa, Agedo e Katastolè Prospettive hanno iniziato il dialogo con Cassì…posso dire a chiare lettere che non c’è stato alcun iter per convincere le istituzioni locali, noi associazioni abbiamo proposto e il Comune di Ragusa ha abbracciato l’idea, immediatamente.”

Gli assetti politici della provincia cambieranno tra un paio di settimane, c’è qualcosa che sentiresti di dire ai futuri sindaci, primo fra tutti il nuovo sindaco della tua città ?

Non sento l’esigenza di fare un appello, desidero conoscere le persone, indipendentemente dal partito politico di appartenenza, perché ritengo che sarebbe troppo limitante ridurlo a quello, vorrei semplicemente incontrarli e ricordare loro che noi ci siamo.

Si sentono ancora gli applausi sguaiati in Parlamento per l’affossamento del DDL Zan, cosa rimane da questo episodio emblematico?

Senza dubbio la certezza di una società disequilibrata, del resto ciò che è un diritto lo fanno passare come un’elargizione. Alla luce dei costanti fatti di cronaca e ancor di più con l’azione di ascolto che Arcigay svolge sul territorio, credo che nel proprio cuore ognuno abbia una risposta sulla necessità di una legge. Ma se non avvii un processo culturale, sociale, una legge puniscema non educa. Una società che non educa, che tende a marginalizzare il diverso rispetto alla mia percezione di normalità, è una società ripiegata su se stessa, che non ha un futuro. Ecco perché credo sia necessario andare su un doppio binario, tutelare attraverso una legge ma lavorare parallelamente in profondità, sulla comprensione, la conoscenza, l’accoglienza di ogni sfaccettatura individuale.”  

Accanto ad aggressioni brutali e purtroppo attualissime, c’è una realtà in fermento che sta avviando un processo di sensibilizzazione nei confronti di temi quali uguaglianza, rispetto, solidarietà, attraverso lo strumento dei social network. Qual è la tua percezione a riguardo ?

Penso si stia sviluppando una capacità di vedere quello che ci accade in modo diverso rispetto ai tempi passati, forse ci si chiede molto di più chi sono io, chi sono io per l’altro, chi è l’altro per me… ovviamente non in tutti, ma in molti. E da queste domande scaturiscono delle dinamiche che ti mettono in movimento, proprio perché ti accorgi che quella cosa che tocca te, in realtà non sta toccando solo te. Osservare la partecipazione al dibattito sempre maggiore anche da parte di chi può non sentirsi direttamente coinvolto da queste dinamiche, è la dimostrazione di quanto sia potente la condivisione e i social in questo ci stanno aiutando tantissimo, sebbene siano sempre un’arma a doppio taglio. Ricordo un pride di qualche anno fa a Torino, con nonni, genitori con i passeggini, il mondo per il mondo… comprendere che si tratta di una lotta comune è la vittoria più grande che spero possa essere raggiunta quanto prima.

La nostra conversazione ha avuto uno sfondo accogliente fatto di libri… c’è un titolo in particolare che consiglieresti a chiunque voglia avvicinarsi alla comprensione della realtà LGBQTQ+ ?

I libri sono il mio strumento preferito, mi fanno rimanere con i piedi per terra, ricordandomi che la mia storia non è solo la mia storia, che i punti di vista da cui osservare le cose sono tantissimi. “Fuori i nomi” di Alliva, spiega bene com’è nato il movimento LGBTQ+, chi sono le persone che realmente ci hanno messo la faccia, hanno lottato, ripercorre bene la storia del movimento in Italia, per questo sento di consigliarlo, perché penso possa essere utile capire chi c’è stato prima per avere uno sguardo più focalizzato sul nostro presente”

Marianna Triberio

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