La Sea Eye 4, carica di migranti, davanti alla costa iblea continua a chiedere un porto sicuro

La Sea-Eye 4 continua da giorni a fare avanti e indietro davanti alla costa iblea in attesa che gli venga assegnato un porto sicuro per far sbarcare tutte le persone salvate nei giorni scorsi nel Mediterraneo.

Lo scorso fine settimana dal Ministero era arrivato il permesso all’evacuazione di 9 persone trasferite sulla terraferma dalla Guardia costiera italiana, ma a bordo ci sono ancora 483 persone che attendono di approdare.

L’equipaggio della nave Sea-Eye 4 battente bandiera tedesca ha salvato 494 persone in difficoltà con quattro missioni in due giorni. Il primo salvataggio è avvenuto lunedì pomeriggio, 13 giugno, quando la nave umanitaria ha soccorso 63 persone, tra cui 30 minori e un bambino, che si trovavano in difficoltà su un gommone in mare aperto.

Mercoledì 15 giugno è il giorno in cui l’equipaggio ha effettuato più salvataggi, centinaia di disgraziati su imbarcazioni di fortuna sovraffollate all’inverosimile. Molte delle persone soccorse durante la notte di mercoledì hanno riportato ustioni chimiche e sono state curate nell’ospedale di bordo della nave.

Questo accade quando il carburante fuoriesce dai gommoni e si mescola con l’acqua di mare, creando una miscela corrosiva che brucia gravemente la pelle. La Sea-Eye ha evitato l’ennesima tragedia e adesso chiede urgentemente un luogo sicuro dove sbarcare. Secondo il diritto internazionale, questo luogo può essere solo in Europa.

Come dicevamo, sabato pomeriggio, la Guardia Costiera italiana ha accordato l’evacuazione solo di 7 persone  a causa del loro grave stato di salute e poi di 2 donne in stato di gravidanza.

“Tutte le persone salvate dopo aver ricevuto le prime cure a bordo, devono scendere a terra rapidamente per ricevere ulteriori cure adeguate. È sconcertante che i soccorsi continuino a dipendere da Ong come noi e anche dalla fortuna che i soccorritori marittimi si trovino nelle vicinanze. L’UE deve finalmente collaborare per trovare una soluzione” ha dichiarato il dott. Harald Kischlat, che a bordo si occupa delle cure mediche.

Diversi appelli sono stati lanciati anche sui social, ma fino a questo momento sono caduti nel vuoto.

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