Modica è il primo comune in provincia e secondo in Sicilia per “consumo del suolo”. Lo dice la ricerca ISPRA ripresa da Modicaltra

Nella classifica dei dieci comuni siciliani anche il comune di Ragusa (quarto posto), quello di Scicli (sesto posto) seguito da quello di Ispica.-

Per ‘consumo di suolo’ si intende un processo che porta al consumo di una risorsa ambientale, fondamentale, limitata e non rinnovabile quale appunto il suolo, ovvero lo strato superiore della crosta terrestre, che viene occupato da una copertura artificiale. In parole povere, si consuma suolo quando si costruiscono strade o edifici.

Vi parliamo di questo fenomeno perché secondo il nuovo rapporto dell’ISPRA l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale sul “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” i comuni della provincia di Ragusa, in special modo alcuni, risultano fra quelli in cui è maggiormente aumentato l’incremento del consumo di suolo tra il 2020 e il 2021. In particolare, a portare la bandiera, è il Comune di Modica che è il primo fra i comuni della provincia e il secondo dopo Catania, fra i dieci comuni della Sicilia, in cui c’è stato un incremento maggiore del consumo di suolo mentre risulta 23° in Italia.

Ma nella classifica dei dieci comuni siciliani compaiono anche il comune di Ragusa (quarto posto), quello di Scicli (sesto posto) seguito da quello di Ispica.

Questi dati sono stati portati alla luce dal gruppo ‘Modicaltra’ che si era già occupata di consumo del territorio all’interno dello studio “Vuoti a perdere” ovvero le proposte di rigenerazione urbana e innovazione sociale basate sulla mappatura degli edifici vuoti per la tutela del suolo con l’obiettivo proprio di arrestare il consumo del suolo. Infatti, il consumo del suolo determina non solo la distruzione del paesaggio ma contribuisce ai cambiamenti climatici, comporta un rischio accresciuto di inondazioni.

Diciamo che, le cronache di questi giorni, ci dimostrano che questi dati non sono solo numeri astratti ma rispecchiano la realtà e la realtà ci dice che nella nostra provincia sono state date troppe concessioni edilizie e che l’eccessiva cementificazione porterà inevitabilmente alle conseguenze di cui sopra.

Mentre invece, un’alternativa fattibile e concreta alle nuove costruzioni, sarebbe quella di ripopolare le zone che si stanno svuotando nelle nostre città, ed è questa una delle proposte dello studio “Vuoti a perdere”.

È necessario ripensare il modo di affrontare il tema urbano con un approccio a lunga durata. Dichiara l’architetto Antonio Stornello ideatore, insieme al collega Mark Cannata, del progetto Kassandra il primo sistema di analisi e supporto alle decisioni per lo sviluppo di centri urbani resilienti in cui lo sviluppo sostenibile si affianchi alla qualità della vita e alla salute delle persone. Proprio Modica, ad esempio che noi abbiamo utilizzato come progetto pilota, necessita di essere ripensata non solo per quanto riguarda il centro storico ma in tutto il suo territorio. A Modica infatti, insiste un volume edificato di gran lunga maggiore rispetto a quello che realmente ci serve. Bisognerebbe avere il coraggio di attuare il modello ‘cubatura zero’ già realizzato con successo in molti altri comuni d’Italia, che consiste nel non realizzare più nuove costruzioni ma intervenire sulla ristrutturazione di quelle già esistenti. Questo tipo di intervento presuppone che le amministrazioni abbiano una visione multidisciplinare a largo raggio ed a lungo termine e poi mettano in atto tutta una serie di azioni coordinate fra di loro, ovvero la creazione di servizi, trasporto pubblico, parcheggi, ed altro ancora, che sappiamo essere i punti deboli delle nostre città. Molti altri comuni della provincia di Ragusa hanno subito uno sviluppo non omogeneo basato sulla mancanza di una visione d’insieme che ha portato a degli enormi scompensi urbani. Continuano a sorgere quartieri dormitori a discapito della qualità della vita degli abitanti, e del tessuto storico che pur essendo urbanisticamente ancora valido anche dal punto di vista della resilienza ai cambiamenti climatici – vedi le città dei quindici minuti- rischiano di essere abbandonati, con case disabitate e negozi chiusi. Questo è il rischio quando non si ha un approccio olistico che non considera le città come un sistema complesso in cui tutto è collegato e in cui ad ogni singola decisione che viene messa in atto corrisponde una reazione che impatta sull’intero equilibrio urbano” 

Un tema di grande attualità quello del consumo del suolo pubblico che deve necessariamente portare le amministrazioni a cambiare rotta e a ripensare il modello di sviluppo delle proprie città, apportando quella rigenerazione urbana fondamentale non solo per una questione di immagine ma soprattutto per una questione di sicurezza.

Il rischio idrogeologico è altissimo nel nostro territorio e solo rispettandolo possiamo sperare che non accadano disastri e tragedie come quelle a cui assistiamo giornalmente.

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