La tragedia di Cutro: Tutti colpevoli nessun colpevole? Basta con lo stucchevole e vigliacco gioco delle parti
(di Michele Giardina) – Steccato di Cutro, frazione del Comune di Cutro (Crotone), è una bella località turistica balneare calabrese, accarezzata dal mare Ionio. Posto splendido. Un dono di serenità e pace confezionato per l’uomo da madre natura. Un tacito invito ad ammirare i luoghi e a rendere omaggio alla loro bellezza. Posto da vivere … che sa di vita … lontano mille miglia dalla morte … che, ahinoi, quando meno te lo aspetti, te la ritrovi comunque dietro l’angolo.
Un caicco partito quattro giorni fa dalla Turchia con oltre 200 migranti a bordo, spinto e urtato da onde impietose, si infrange in una secca e conclude il suo drammatico viaggio della speranza spaccandosi a meno di cento metri dalla costa.
Una strage. L’ennesima. Circa 80 le persone salvate. Sessantadue, ad oggi, i cadaveri recuperati. Tra le vittime anche due gemelli di pochi anni ed un bimbo di sei-sette mesi. Secondo alcune stime sarebbero non meno di 20 i bambini morti in mare.
I migranti a bordo provenivano da Iraq, Iran, Afghanistan e Siria. Sempre più numerosi i viaggi della speranza disperata che seguono la rotta turca organizzati da bande di trafficanti di vite umane.
In questo tratto di mare nessuna presenza di navi Ong, che preferiscono altri lidi. E, a quanto pare, insufficienti anche i controlli da parte delle autorità marittime del nostro Paese. Fotocopia di cento altre questa terribile tragedia di Steccato di Cutro.
Diciotto novembre del 2005. A seguito di un naufragio muoiono 25 migranti a pochi metri da una spiaggia vicino Scicli.
Trenta settembre 2013. Altri 13 migranti annegano nel tentativo di raggiungere a nuoto la spiaggia di Sampieri, dopo essersi tuffati dall’imbarcazione sulla quale viaggiavano, rimasta incagliata a pochi metri dalla riva.
Tre ottobre 2013. A Lampedusa la più grande tragedia dell’immigrazione: su un barcone che avanza lentamente nei pressi dell’Isola dei Conigli, centinaia di migranti somali ed eritrei guardano la costa vicinissima a Lampedusa. Sono a due passi dalla terraferma. Per segnalare la loro posizione alcuni fuggitivi incendiano una coperta. In pochi attimi succede l’inferno. Trecentosessantotto i migranti morti, centocinquantacinque le persone salvate tra cui sei donne e due bambini.
I momenti di indignazione il giorno dopo la tragedia di ogni nubifragio sanno di ipocrisia, presa per i fondelli, perdita di tempo voluto, ricercato, organizzato, infinita melina drammatica intrisa di sale, di tradimento, di morte.
Tutti a lamentarsi e a gridare “vergogna”. Dai pulpiti di tutto il mondo e a tutti i livelli: vergogna Italia, vergogna Europa, vergogna Onu, vergogna Mondo. Se proviamo vera vergogna perché mai la tragedia continua?
Siamo in piena Quaresima. Difficile stabilire quanti Tir di cenere sarebbero necessari per consentire ai responsabili della morte in mare di migliaia e migliaia di uomini, donne e bambini di cospargersi il capo di cenere.
Tutti colpevoli nessun colpevole? Bisogna uscire da questo maledetto e irresponsabile modo di dire. Siamo stufi del cordoglio – cantilena che sa di insulto. Basta con lo stucchevole e vigliacco gioco delle parti. Il mare è pieno di morti innocenti, accompagnati da sermoni, accorati appelli religiosi e laici, prediche, parole roboanti, convegni, assemblee e dibattiti del nulla.
Quest’ultimo naufragio pone inoltre, ancora una volta, un inquietante interrogativo. Che riguarda il controllo delle nostre coste e la sicurezza nazionale. Se il peschereccio frantumatosi a cento metri da una località delle coste calabre dopo una navigazione di quattro giorni non è stato visto da nessuno, la domanda è questa: come mai le stazioni radar, gli elicotteri della Squadriglia aeronavale della Guardia di Finanza, le motovedette della Capitaneria di porto, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza non si sono accorti di nulla?
Mah!
E niente … nello stesso momento in cui poniamo la domanda, la ritiriamo immediatamente, memori del fatto che, da decenni, purtroppo, sbarcano autonomamente dalle nostre parti barche, barchini e motoscafi che, misteriosamente, sfuggono a qualsiasi controllo.
Michele Giardina