Crisi idrica in agricoltura: il sindacalista Rizzone ci racconta il flop del Consorzio di Ispica. Opere realizzate e mai utilizzate
Uno dei tanti paradossi che vive il nostro territorio, è quello di avere sete e di non potere bere pur avendo a disposizione tanta acqua.
Questo perché, invece di sfruttare l’acqua piovana o quella presente nel sottosuolo, questa viene dispersa ed anzi provoca danni ai terreni perché già saturi e inzuppati non essendo in grado di assorbire l’acqua.
Ma perché accade tutto questo? A spiegarcelo è Papè Rizzone, noto a Modica per il suo impegno di sindacalista, politico, scrittore, che oggi però interviene mettendo a disposizione del territorio la sua esperienza maturata in 40 anni di servizio, come geometra, al Consorzio di Bonifica di Ispica, oggi accorpato all’ex Consorzio di Bonifica di Scicli e dell’Acate, unificati con il nome di Consorzio di Bonifica n°8, distributore di acque irrigue in territori ben definiti.
Il Consorzio copre una superfice di Ha 161.700 con una superfice consortile servita di Ha 43.057 comprensive di Ha 25.000 di canalizzazione rurale.
Ma i dati forniti, riguardano soprattutto gli ex Consorzi di Acate e Scicli, dove insistono le principali opere di irrigazione, cosa ben diversa per il versante che riguarda l’ex Consorzio di Ispica, che comprende anche Modica, dove a causa di mancanza di progettualità e di deficienza amministrativa non si è riusciti a sfruttare il sottosuolo ricchissimo di acque sotterranee.
La cosa incredibile di questa storia, che vi stiamo per raccontare, è che siamo convinti che viviamo in un’epoca avanzata rispetto al passato, in cui la tecnologia ci ha permesso di fare passi da gigante ma se per certi aspetti è così per altri, in realtà, abbiamo fatto molti passi indietro.
La storia del Consorzio ne è un esempio. Pensate che, come ci racconta Rizzone negli anni 50, lo studio di un equipe francese scoprì che, sotto la parte bassa del territorio ispicese, insisteva un grande lago per cui le acque meteoritiche non potevano essere assorbite e creavano allagamenti duraturi e pantani.
“Fu allora, spiega Papè Rizzone, che dei tecnici del Consorzio, con l’aiuto di ingegneri idraulici, pensarono di costruire un bacino di raccolta delle acque piovane grande circa un ettaro e abbastanza profondo. Ma già negli anni 60 questo bacino risultò insufficiente e da allora, sono passati quindi più di 50 anni, non è stata operata nessuna manutenzione, per cui oggi vi regnano i canneti mentre la terra di riporto si è accumulata sul fondo della vasca restringendone sempre di più la capacità”.
E le conseguenze di quanto appena detto sono sotto gli occhi di tutti, basta solo pensare a quanto accaduto, qualche mese fa, in seguito alla forte ondata di maltempo che si è abbattuta sulla nostra provincia e ai gravi disagi che proprio Ispica ha dovuto affrontare.
“Ma c’è di più, spiega Rizzone, negli anni 70/80 il Consorzio installò delle idrovore per sollevare le acque in eccesso sversandole in un canale costruito in modo che quest’acqua arrivasse al mare. In realtà è un peccato pensare che queste acque in eccesso, che sarebbero ottime per l’irrigazione, si perdono nel Mediterraneo. Stiamo parlando di circa 800-1000 mc al secondo che potrebbero essere utilizzate nei territori di Ispica, Rosolini, Pachino e Pozzallo. Tutta questa zona potrebbe essere trasformata con progetti di riqualificazione delle aree asciutte utilizzando fondi europei ma ovviamente per fare ciò occorrono lungimiranza e tanto impegno politico, sociale e ambientale.”
Per quanto riguarda il territorio di Modica anche qui l’irrigazione, ci spiega Rizzone, è a beneficio di pochi. “I pozzi trivellati sono di proprietà di alcuni agricoltori che li hanno realizzati con molti sacrifici”.
Questo è successo perché anche in questo caso c’è stata una cattiva programmazione dell’ex Consorzio di Ispica come ci racconta Rizzone: “Il Consorzio realizzò un progetto di irrigazione per circa 60-80 ettari in Contrada Pozzo Cassero in territorio di Modica, ma non fu mai messo in funzione né richiesto dagli agricoltori”.
Ma non fu l’unica opera realizzata su Modica, qui sono state infatti costruite altre due vasche di accumulo: una grandissima in contrada Raddusa, attrezzata con idrovore, macchinari e tubazioni, oggi asciutta e inutilizzabile, l’altra in Contrada San Vito, mai completata né ovviamente funzionante. “Le intenzioni, spiega Rizzone, non sono censurabili, questi servizi sono stati ideati per la collettività ma resi inutilizzabili dalla mancanza di fondi per l’incuria delle istituzioni.”
Ci chiediamo ma quando il Consorzio ha iniziato realmente a non funzionare e ad avere problemi?
“Dal 2001 circa quando il Consorzio di Ispica, su decisione della Regione fu accorpato con quello di Vittoria e con quello di Scicli tutto è andato a rotoli, non si sono fatte più le manutenzioni. Il problema è che ci sono circa 250 persone che lavorano al Consorzio ma sono tutte concentrate su Scicli e Acate, qui non ce ne sono perché lì ci sono 400 Km di irrigazione e qui nemmeno uno”.
Il punto è capire se oggi con i gravi problemi che vive il territorio legati alla siccità si potrebbe fare qualcosa per recuperare queste opere che sebbene in disuso da molto tempo comunque esistono, sono certamente una base da cui partire.
“Ho sollevato questo problema proprio per questo, il mio è un tentativo di fare un appello alle istituzioni per recuperare questo patrimonio che abbiamo e che potrebbe rappresentare una grande risorsa ma è necessario fare degli investimenti. Il Consorzio non può fare niente da solo, ma è necessario che la Regione Sicilia si dimostri sensibile a queste tematiche e faccia qualcosa di concreto per recuperare queste strutture. A mio dire non ci vorranno nemmeno somme ingenti ma è solo una questione di volontà politica. Non possiamo perdere altro tempo, il nostro sottosuolo è ricco di acqua che non possiamo sprecare.”
Un ultimo punto importante messo in evidenza da Papè Rizzone è quello che riguarda l’utilizzo delle acque reflue: “Oggi le acque reflue vengono scaricate a mare inquinando i nostri fiumi e i nostri mari ed invece potrebbero essere una risorsa se ovviamente opportunamente depurate e trattate per irrigare i campi, questo è il futuro. Il nostro territorio ha sete, l’acqua c’è bisogna solo evitare di disperderla”
Fotoservizio: Giorgio Di Rosa
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giuseppe
dimentica l’impianto di distribuzione per uso irriguo di Ispica c.da miucia , sulla Ispica Pachino , mai collegato alla rete elettrica. In stato di totale abbandono. Arrivano però, le cartelle salatissime per peggioramento fondiario, scusate sulla cartella vige “miglioramento”