Modica, la denuncia di un cittadino, “Neanche un briciolo di umanità, all’Ospedale si muore da soli”
La buona sanità è anche quella che permette una morte dignitosa al paziente. Diciamo questo perché ci ha molto colpiti una lettera ricevuta in redazione qualche giorno fa che racconta una storia che purtroppo abbiamo sentito molte volte.
Soprattutto nel periodo del Covid sono state migliaia le persone decedute in ospedale da sole, senza il conforto dei propri familiari. Oggi che la pandemia è finita a quanto pare gli Ospedali hanno mantenuto le stesse rigide regole. Quella che vi raccontiamo è la storia di un figlio che non ha potuto dire addio al proprio padre.
“Negli ospedali-scrive il nostro lettore – si muore soli senza poter avere accanto un familiare a cui stringere la mano prima di esalare l’ultimo respiro. Il reparto di Geriatria nel caso specifico è un reparto in cui per la maggior parte delle volte chi entra per le cure ne esce morto.
Le stanze di questo reparto dovrebbero essere disposte in modo tale da poter ospitare anche con una sedia sdraio un familiare per consentirgli di stare accanto alla persona cara spesso in fin di vita, come accadeva una volta.
È vero ci sono dei protocolli da rispettare per regolamentare gli ingressi, ma allo stesso tempo ci sono orari molto limitati per vedere i malati : un’ora la mattina e mezz’ora la sera.
Questo è un sistema sanitario pubblico incapace di organizzarsi e gestire i ricoveri in modo efficace ed umano.
Penso che ci vuole molta razionalità e sangue freddo da parte dei familiari davanti a questo genere di situazioni. Ci si sente abbandonati, soli ed umiliati da una istituzione sanitaria a cui si consegna una persona cara e senza la certezza di poterla riportare a casa in vita.
Mio padre 89 anni, che fino ad un mese fa prendeva solo la pillola della pressione, nel giro di 20 giorni ha avuto un forte aggravamento di salute dovuto ad una aritmia tale da richiedere un ricovero ospedaliero. È rimasto li per 3 giorni attaccato ininterrottamente all’ossigeno per un velocissimo aggravamento delle condizioni respiratorie per via di un versamento di liquidi nei polmoni.
È entrato in ospedale il giovedì mattina e ne è uscito morto la Domenica successiva.
Quando è arrivata la chiamata a casa ci siamo precipitati in reparto ma non è stato più possibilità entrarci. Abbiamo bussato ma nessuno ci ha aperto.
In questi momenti la cosa più giusta che dovrebbe accadere è quella di avere quantomeno la possibilità di un immediato colloquio con il Primario del reparto o comunque con il medico di turno per cercare di capire cosa sia effettivamente successo, per sapere la causa e l’ora esatta del decesso. Niente di niente. Ad un certo punto, dopo estenuanti minuti di attesa un infermiere o forse era un ausiliario apre la porta del reparto e ci consegna gli effetti personali di mio padre dicendoci che dovevamo recarci all’obitorio dove di li a poco sarebbe stata trasportata la salma. Solo questo, nessuno dei medici ha sentito l’esigenza di parlare con noi, di darci informazioni sulla morte di mio padre.
Niente, siamo solo dei numeri e la nostra vita non conta niente. Alla tristezza per la perdita di mio padre si aggiunge l’amarezza di non essergli stato vicino nel momento in cui è andato via e di aver poi solo potuto piangere sul suo corpo ormai privo di vita. A volte basterebbe solo un briciolo di umanità…”
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