Villeggianti di Sampieri all’ombra del barcone e della burocrazia
Siamo consapevoli del fatto che il problema del recupero dei barconi utilizzati dagli scafisti e poi abbandonati sul territorio possa sembrare poca cosa rispetto alle migliaia di vite umane perse nel Mediterraneo.
Ma è bene comunque riflettere sul fatto che proprio queste barche usate nei viaggi della speranza via mare degli immigrati clandestini, finiscano per diventare bombe ecologiche in attesa dell’infinito iter giudiziario.
Le barche che arrivano dalle coste africane, ma anche dal Pakistan, dal Bangladesh, dalla Turchia e dall’Iran dopo essere arrivate sulle coste siciliane finiscono per marcire nei depositi giudiziari messi su nelle aree portuali.
In alcuni casi, ancora peggio, restano ferme sugli arenili, in balia del nulla. Già in passato abbiamo assistito a scempi ambientali come l’incendio ad opera di ignoti della barca a vela ferma per mesi sugli scogli a Marina di Modica.
In questi mesi abbiamo invece denunciato la presenza di un barcone in resina abbandonato nel bel mezzo di due villaggi turistici sull’arenile di Sampieri. In pieno luglio, il barcone è ancora fermo lì, tra i bagnanti che lo utilizzano per ripararsi dal sole, ma anche come grande pattumiera dove abbandonare ogni tipo di rifiuti.
Il barcone, come avviene spesso in questi casi è finito per essere abbandonato in attesa delle indagini giudiziarie. Si tratta di imbarcazioni che potrebbero essere donate o messe all’asta e che invece finiscono per diventare relitti, le cui fibre in vetroresina si staccano e inquinano l’ambiente.
Negli anni, più volte gli ambientalisti hanno chiesto al Governo di trovare delle soluzioni al fenomeno, individuando un iter più snello. Purtroppo in Italia però non esiste una normativa analoga a quella della rottamazione delle automobili e nell’attesa che vengano affidate alle ditte di smaltimento, possono passare anche anni.
Ed è così che in spiagge sulle quali sventola la bandiera blu, sventoli anche la bandiera dell’indifferenza e della burocrazia. Rinnoviamo il nostro appello al Comune di Scicli, alla Capitaneria di Porto e a tutti coloro che possano trovare una soluzione per ovviare ai lacci della burocrazia.
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