L’iniquità del Fisco Italiano diviso tra chi è “furbo” e chi è “fesso”

L’obiettivo del governo in carica è reperire risorse per abbassare le tasse sui ceti medi e non solo (argomento introdotto col mio contributo del 26 luglio scorso su questa testata ) finanziando così la tanta decantata riduzione delle aliquote Irpef.

di Salvatore G. BLASCO

Sarà vero si chiede ogni “cittadino responsabile” tenuto conto che lo stesso ha patito da tanto tempo le giravolte governative nel tempo.

Ora è il momento, a mio modesto avviso, che il governo si svegli attuando quanto promesso.

Il ceto medio (alto) è stanco di sentire gli “ARRIPUDDUTI” di ogni tempo.

Inizio questo cammino evidenziando che il 13,94% degli italiani paga quasi due terzi delle tasse, mentre il 47% non dichiara redditi.

Sono, infatti 41,5 milioni gli italiani che fanno la sacrosanta dichiarazione fiscale IRPEF, ma oltre il 40% di questi dichiarano un reddito inferiore a 15000 euro. Tutto questo se non è iniquità, che cos’è?

A tal proposito, prima di inoltrami nell’analisi che segue, vado a scomodare; a questo stadio del discorso al fine di rendere più chiaro il concetto di <cittadino responsabile> a quanto ebbe a scrivere, in merito, Ermanno Rea ( 1927-2016 ) nel suo  bel libro “la fabbrica dell’obbedienza” il cui contenuto mi sembra attuale e nello stesso tempo ironico e pungente:

<E dire che a inventare il cittadino responsabile siamo stati noi italiani>.

Accadde molti secoli fa, tra i Trecento e il Cinquecento, con l’Umanesimo e il Rinascimento.

 Fu una lunga stagione di gloria che durò non meno di centocinquant’anni; poi, lentamente , furono spente tutte le luci  che erano  state accese e, tra roghi e altre forme di violenta repressione,  la Controriforma espulse dall’Italia  quell’homo NOVUS appena plasmato sostituendolo con un suddito deresponsabilizzato, vera e propria  maschera  della sottomissione e della rinuncia a ogni forma di autonomia di pensiero>.

Mi chiedo, siamo, condannati a restare per sempre figli della Controriforma, o no?

E questo il “QUID” che bisogna sbrogliare, da parte di chi è – di volta in volta – alla guida della macchina Italia.

Oggi per chi scrive è il governo Meloni.

 Occorrere, infatti, urgentemente una Riforma fiscale seria e coraggiosa per uscire da questo pantano fiscale dove c’è chi paga fino all’ultimo centesimo e c’è chi con astuzie contabili si mantiene al di sotto dei limiti di guardia per non pagare.

     Per non dire poi di coloro che fanno parte di quella italica propensione a evadere.

     L’obiettivo del governo è reperire risorse per abbassare le tasse sui ceti medi e finanziare la riduzione delle aliquote Irpef.

     Ci riuscirà, o sarà la solita fuffa?

Insomma occorre uscire da una realtà deformata  costituita da una platea di cittadini contribuenti fittizi, nei confronti della quale le armi per contrastare l’evasione ( circa 90-100 miliardi di euro ), risultano inefficaci edel tutto inadeguati.

     E allora?

     Il risultato, purtroppo, di questo paradosso sta nella voragine dell’evasione fiscale e nell’intollerabile pressione fiscale  sui redditi “noti”, alimentata  dalla sempre più evidente incapacità del sistema fiscale a reperire le risorse necessarie  a sostenere la spesa sociale.

     Tutto questo potrebbe ancora di più aggravare il quadro complessivo, provocando un impoverimento  della popolazione   ampliando il “gap”   fra chi le tasse le paga e chi no; e per di più a fronte di una sempre  crescente pressione  da parte dell’opinione pubblica per aumentare le spese sociali ed assistenziali.

     La riforma fiscale, infatti, non è solo uno dei capisaldi del programma  del governo Meloni, ma è anche una precisa condizione posta all’Italia dall’Ue per ottenere sussidi vari e prestiti europei.

     La Meloni e compagni qui si gioca il suo cammino governativo.

In Italia la  contrapposizione tra chi è “furbo” e chi è “fesso” nel campo fiscale è arrivata al limite della sopportazione.

     Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ‘ intervenuto sul Corriere della Sera del 10 c. ha dichiarato: ” Il ceto medio si sta impoverendo”. ” Adesso dobbiamo trovare le risorse per gli sgravi dell’Irpef sul ceto medio con redditi compresi tra 35 e 50 mila euro”.

     Mio caro viceministro questa è una buona notizia. Ma, mi consenta, come mai è arrivata quasi dopo  due anni di governo e dopo che nell’ultimo adeguamento Irpef il ceto medio – che ora Lei constata di essere impoverito è stato –  vedi caso – utilizzato ancora una volta – anche dal suo governo -come bancomat?

     Per non parlare dei governi precedenti e dove il governo Renzi ha la palma d’oro.

     Santo Dio finiamola di fare i finti tonti, far finta di non capire, che da tanti anni il ceto medio – colonna della nostra economia, lo avete  stato scarnificato

     E’ evidente , a questo punto, che qualcosa non funziona nel nostro sistema fiscale.

     E non mi riferisco solo all’evasione, ma alla sempre più palese divaricazione tra chi al Fisco paga tanto e chi poco o niente.

     Forse sarebbe ora che tra le “ grandi riforme” intraprese dal governo ci sia anche quella delle imposte, chiedendosi se non sia il caso di tassare di più le cose e i beni.

 In modo da non far sfuggire dalle tasse chi riesce sempre a dichiarare meno del dovuto. E ridurre nel frattempo l’imposizione sul lavoro.

     Mi sia consentita – qui di seguito – una ulteriore citazione di un grande scrittore latino del primo secolo d.C  il quale ci riferisce, in materia fiscale quanto segue:

<Boni pastoris est tondere pecus, non deglubere>  E’ proprio del buon pastore  tosare le pecore, non scorticarle.

 La frase è riferita all’imperatore Tiberio ( 42 a.C – 37 d.C ) che così avrebbe risposto a chi gli suggeriva di aumentare le tasse.  ( Gaio Svetonio Tranquillo – Vita di Tiberio.32 ).

     Lo scrittore romano , già quasi due mila anni fa, avvertiva, parlando di imposte,  che il buon pastore deve tosare le pecore, non scoticarle.

 Evidentemente questo saggio insegnamento non è giunto all’orecchio dei nostri governanti.

                                 S.G.B

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