“Thànatos Athànatos”, poesia di Quasimodo, commentata da Domenico Pisana

Il 20 agosto 1901 nasceva a Modica, in via Posterla, Salvatore Quasimodo premio Nobel per la letteratura nel 1959. In occasione di questo avvenimento, che sarà ricordato in città, riproponiamo il commento a una celebre poesia quasimodiana di Domenico Pisana.

Il professore Domenico Pisana, docente in quiescenza di religione cattolica in diverse scuole modicane, oggi Presidente del Caffè Letterario Quasimodo, ha lanciato nei giorni scorsi un interessante commento alla lirica Thànatos Athànatos, contenuta all’interno della raccolta La vita non è sogno.

Ci è smembrato interessante riportare questo testo, perché ci presenta una particolare lirica di Quasimodo in cui dibatte dell’uomo in ogni tempo, e le cui tematiche sono ancora attuali.

Il Nobel Salvatore Quasimodo così scrive:

E dovremo dunque negarti, Dio
dei tumori, Dio del fiore vivo,
e cominciare con un no all’oscura
pietra “io sono”, e consentire alla morte
e su ogni tomba scrivere la sola
nostra certezza: “Thànatos athànatos”?

Senza un nome che ricordi i sogni
le lacrime i furori di quest’uomo
sconfitto da domande ancora aperte?

Il nostro dialogo muta; diventa
ora possibile l’assurdo. Là
oltre il fumo di nebbia, dentro gli alberi
vigila la potenza delle foglie,
vero è il fiume che preme sulle rive.

La vita non è sogno. Vero l’uomo
e il suo pianto geloso del silenzio.
Dio del silenzio, apri la solitudine.

Il commento del prof. Domenico Pisana

“Il corpus della poesia ruota attorno al tema della morte, ritenuta la sola certezza della vita. Il poeta affida ad un inquietante interrogativo l’esistenza di Dio, e nei versi di apertura (E dovremo dunque negarti, Dio….) e chiusura della lirica (Dio del silenzio, / apri la solitudine…) la mette al centro della sua riflessione. Il testo dà a Dio alcune proprietà specifiche che lasciano spazio ad interpretazioni varie.” spiega Domenico Pisana.

Inoltre spiega ancora il professore modicano: “la lirica parla di Dio come “Dio dei tumori”. E’ una allusione alla sofferenza, al dolore e alla malattia; il tumore è, infatti, una malattia che porta alla morte.”

Il prof. Pisana commentando la lirica evidenza come nel poeta c’è una concezione epicurea, secondo la quale la causa del male nel mondo dipende dal disinteresse degli dei verso gli uomini. Infatti “tale interpretazione potrebbe trovare altresì conferma nell’altra affermazione “Dio del silenzio”” aggiunge Domenico Pisana.

Quasimodo possedeva una teologia della fede

Andando oltre con il commento Domenica Pisana, aggiunge: “in realtà, crediamo che nel poeta sia presente una teologia della fede che vuole evidenziare il fatto che Dio è il Signore della vita ed è il Signore della morte. I tumori riferiti a Dio indicano la precarietà, la finitezza e la debolezza dell’uomo, che non può sfuggire alla morte fisica, ma può sbocciare ad una “vita eterna” come il fiore, se riesce ad entrare nell’orizzonte della fede. È sintomatico che, a riguardo, Quasimodo all’affermazione “Dio dei tumori”faccia subito seguire l’affermazione “Dio del fiore vivo””.

Una lirica che induce a riflettere sul senso della vita, sulla precarietà. Tematiche non molto lontano dalla nostra contemporaneità.

“Nel fiore che sboccia c’è la vita, c’è il desiderio di aprirsi. Dio è vita, Dio apre alla vita, fa passare dalla morte alla vita. La fede dà all’uomo la certezza della “morte senza morte”, ossia di una morte che è un esodo da questo mondo per ritrovarsi “Athànatos”, cioè in un dimensione di eternità dove non esiste la morte ma l’essere in Dio, realtà perfetta ed onnipotente.” spiega ancora Domenico Pisana.

Il sensuns fidei di Quasimodo

“In quella richiesta finale della poesia “Dio del silenzio, apri la solitudine”, è racchiuso il sensus fidei quasimodiano: la solitudine è come una porta d’ingresso per una nuova condizione esistenziale, quella solitudine intesa, questa volta, positivamente cioè come approdo all’eternità, dove l’uomo si troverà solo faccia a faccia con Dio, quel Dio cristiano, il Dio creatore del cielo e della terra che ha fatto l’uomo a sua immagine e somiglianza; il Dio che, però, l’intelligenza laica dell’uomo di oggi cerca di sfidare con le sue conquiste” aggiunge Domenico Pisana.

Ed è proprio questa provocazione dell’uomo moderno che “Quasimodo intende sottolineare nella sua poesia Alla nuova luna, provocazione di una attualità impressionante se pensiamo a quanto il futuro ci riserva con l’imporsi dell’Intelligenza artificiale” conclude il prof. Pisana.

In principio Dio creò il cielo
e la terra, poi nel suo giorno
esatto mise i luminari in cielo
e al settimo giorno si riposò.
Dopo miliardi di anni l’uomo,
fatto a sua immagine e somiglianza,
senza mai riposare, con la sua
intelligenza laica,
senza timore, nel cielo sereno
d’una notte d’ottobre
mise altri luminari uguali
a quello che giravano
dalla creazione del mondo. Amen.

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