Un altro tristissimo capitolo si aggiunge alla storia del piccolo Vittorio Fortunato, il bambino partorito da una donna di Modica e poi abbandonato dal padre, il macellaio ragusano che inscenò il suo ritrovamento per consegnarlo alle forze dell’ordine.

La vicenda iniziò il 5 novembre, in via Saragat a Ragusa, una storia che colpì e commosse l’opinione pubblica. Poi lo sgomento per quanto scoperto e la lotta nei tribunali siciliani.  

Quando ha soli 16 giorni di vita il piccolo viene affidato a una famiglia monrealese, che era in lista per un’adozione, dal tribunale dei minorenni di Catania, che dichiara prima l’adottabilità e poi dopo due mesi l’affidamento pre adottivo.

Da subito però la madre naturale, accusata insieme al padre (già condannato a due anni di reclusione) di abbandono di minore, sostiene che quel bambino lei non lo aveva mai voluto abbandonare ma lo aveva affidato al padre per portarlo in ospedale. La madre naturale ha chiesto l’annullamento della dichiarazione di adottabilità del piccolo e la Cassazione le ha dato ragione sostenendo che il Tribunale dei minori non avrebbe tenuto conto che il bambino avesse dei genitori naturali ai quali non è stato dato il diritto di ravvedersi.

Il risultato è che la Corte d’appello di Catania ha revocato lo stato di adottabilità, che tradotto in termini pratici significa che Vittorio Fortunato, che da tre anni vive con quelli che considera a tutti gli effetti un papà ed una mamma, adesso dovrà tornare con la sua madre biologica.
Il tribunale ha autorizzato i servizi sociali ad avvalersi persino delle Forze dell’Ordine per il ritiro coatto del piccolo dalla casa dei suoi nuovi genitori, “nel pieno interesse del minore”.

Ma è davvero nell’interesse del minore che ha lavorato la legge? Ci sarebbe molto da dire, sui tempi, sugli sbagli, senza nemmeno entrare nel merito della vicenda. Ci limitiamo ad esprimere solo una enorme tristezza.

Intanto, nel tentativo di evitare questa straziante separazione, la famiglia adottiva ha organizzato una petizione online sul sito change.org (questo il link) che hanno sottoscritto più di ventimila persone.