Perchè la Corte dei Conti è di casa al Comune di Modica? E’ il caso di accendere un faro
Gli atti degli organismi di controllo portano con sé sempre due letture. Una di carattere tecnico, che lasciamo a giornalisti ed esperti non avendo le competenze per poterle commentare, ed una di carattere gestionale che, nel caso dell’ultima delibera di rilievo da parte della Corte dei Conti al Comune di Modica, è assolutamente interessante.
Perchè la richiesta, dietro la complessa litania di cifre, tabelle da compilare e chiarimenti tecnici da fornire, reca con sé alcuni punti fermi che, ancora una volta, non la politica, non i sindacati, ma neppure i revisori, che pure per questo sarebbero pagati, hanno individuato, essendo stato necessario l’intervento proprio della Corte, a gamba tesa, per renderli noti e approfondirli.
Una prima valutazione riguarda la trasandatezza degli atti e delle documentazioni inviate: incomplete, contraddittorie, mai in linea con gli impegni delle relazioni precedenti, a volte anche caratterizzate da strafalcioni da commedia, se non ci fosse da piangere; è il caso del periodo mal computato con uno scarto di 1 anno che fa inorridire i giudici contabili, catapultati in una girandola temporale tra il 2027 ed il 2028 nella quale faticano a raccapezzarsi, o delle decine di tabelle non compilate, forse non per dimenticanza ma perchè si fa fatica a scrivere le cifre corrette.
La seconda riguarda il sistema dei controlli, tutti, dall’opposizione consiliare che invece di commentare la delibera della Corte queste cose dovrebbe denunziarle all’opinione pubblica ben prima della scure contabile, proseguendo con i sindacati, spettatori passivi di una partita che avrebbe come prime vittime proprio i loro “assistiti”, finendo con i revisori dei conti ridotti a dipendenti del sindaco, persino dimentichi di compilare i pareri prescritti e mai capaci, in questi anni di denunciare anche solo l’1% delle contestazioni fatte dalla Corte, nonostante siano proprio loro i primi custodi “indipendenti” della regolarità di bilancio e contabilità.
La terza riguarda lo spregio delle regole: sia quelle contabili che quelle di buona creanza: come commentare in maniera diversa l’uso disinvolto delle somme vincolate, anche quando le stesse non riguardavano fondi solo di pertinenza del comune modicano, ma venivano gestite in nome e per conto di altri comuni.
La quarta ci racconta invece delle “strategie” di raccolta del consenso tramite le politiche di riscossione, annunciate alla Corte ma mai attuate, e capaci di far fuggire a gambe levate, con tanto di richiesta di risarcimento, anche la ditta esterna individuata per riscuotere le tasse; ma anche dell’uso distorto del compenso straordinario, delle parcelle faraoniche gestite e liquidate a capisettori e responsabile dell’ufficio legale.
L’ultima, non meno grave, riguarda il silenzio di quanti, all’interno dell’Ente, ma anche tra quanti dovrebbero a queste cose interessarsi, hanno consentito che per anni il Comune non avesse un dirigente dell’ufficio ragioneria degno di questo nome, che il segretario generale si prestasse a fungere da passacarte rispetto ai desiderata del sindaco, e che un revisore una notte si coricasse tale e la mattina dopo si svegliasse assessore, passando da controllore a controllato, in un conflitto di interessi così enorme e macroscopico da fare impallidire anche Berlusconi.
Forse sarebbe tempo di accendere un faro sulla gestione dell’Ente; un faro di quelli luminosi e ben indirizzati; un faro per troppo tempo incomprensibilmente spento.