Brusca scarcerato, è polemica. Un “pugno nello stomaco”, e la Mamma Di Matteo non perdona
“Rispettiamo le leggi e le sentenze dello Stato. Ma Giovanni Brusca non potrò mai perdonarlo.
Mi ha ucciso il figlio che conosceva bene e con cui ha giocato a casa. Nel mio cuore come posso perdonarlo?”. Lo dice all’ANSA la madre del piccolo Giuseppe Di Matteo, Franca Castellese attraverso il suo avvocato Monica Genovese che spiega anche i motivi del mancato perdono. “Non c’è mai stata una forma di pentimento pubblico per quello che ha fatto. Durante i processi Brusca non ha mai chiesto scusa alla famiglia per un delitto – sottolinea l’avvocato – che non è solo un omicidio di mafia ma un crimine orrendo”.
“Umanamente non si potrà mai perdonare. Per me il dolore della morte di mio fratello non si rimarginerà mai, per mia madre la sofferenza è ancora più grande. Ma abbiamo fiducia nella magistratura che ci è stata sempre vicina. Se non crediamo nella magistratura non crediamo più nello Stato. Brusca ha ucciso mio fratello ma espiato la pena nel rispetto della legge”. Lo dice all’ANSA Nicola Di Matteo, fratello del piccolo Giuseppe, il bimbo rapito il 23 novembre 1993, all’età di 12 anni, in un maneggio di Piana degli Albanesi, da un gruppo di mafiosi che agivano su ordine di Giovanni Brusca, tornato ieri in libertà.
La scarcerazione di Brusca “é stato un pugno nello stomaco che lascia senza respiro e ti chiedi come sia possibile. La sorella di Falcone ricorda a tutti che quella legge applicata oggi l’ha voluta anche suo fratello, che ha consentito tanti arresti e di scardinare le attività mafiose, ma è un pugno nello stomaco”. Lo ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta, intervistato a Rtl 102.5.
E se il leader della Lega Matteo Salvini si dice indignato che “uno che ha ammazzato centinaia di persone sia libero di passeggiare per Roma” e la presidente dei senatori di Fi Annamaria Bernini e Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, parlano di “schiaffo alle vittime”, la magistratura difende la legge sui pentiti. “La legge sui collaboratori di giustizia si è rivelata uno strumento fondamentale nella destrutturazione delle mafie. Giovanni Falcone, che ne è stato l’ideatore, aveva ben presenti i costi sul piano della sofferenza per le vittime dei mafiosi che l’approvazione di una normativa del genere avrebbe comportato. Ma aveva anche chiaro quali danni alla mafia avrebbero e hanno fatto le collaborazioni di alcuni esponenti di vertice di Cosa nostra”, commenta il procuratore di Messina Maurizio de Lucia.