Ecco la situazione economica iblea: report della Cna sulle imprese del territorio

In provincia di Ragusa, al 31 luglio 2024, ci sono 37.247 imprese e di queste le attive sono 31.922 così suddivise: 8.711 in agricoltura, 2.237 attività manifatturiere, 4.162 costruzioni, 8.269 nel commercio, 8.543 nei vari settori dei servizi) composto principalmente da microimprese.

Sono i dati forniti dal Centro studi della Cna territoriale di Ragusa che, in un report, offre un quadro della situazione economica e infrastrutturale della provincia di Ragusa, mettendo in luce le sfide e le opportunità che il territorio affronta, specialmente nei settori dell’agroalimentare e del turismo.

Durante un incontro svoltosi nella sede iblea, il segretario territoriale Cna Ragusa Carmelo Caccamo, il coordinatore del centro studi, Giorgio Stracquadanio, ed il componente dello stesso, Gianfranco Motta hanno evidenziato come “Nonostante la vitalità dell’agroalimentare e del turismo, emergono criticità significative legate alla siccità e alle carenze infrastrutturali.

La lunga siccità, gli eventi climatici parossistici e l’inadeguatezza della rete idrica (in provincia la dispersione è pari al 46,5%) aggravano la vulnerabilità del territorio, già a rischio desertificazione. Questo influisce direttamente sulla capacità delle imprese agroalimentari di operare in modo efficiente e sostenibile, mettendo in pericolo la competitività del settore a livello nazionale e internazionale”.

“Il ritardo infrastrutturale – è stato chiarito altresì – è l’altro ostacolo allo sviluppo economico. In Italia, su 107 province Ragusa è 92esima per rete stradale, 96esima per quella ferroviaria, 73esima per la portualità. La provincia si ferma al 91° posto per logistica, mentre sale al 51° posto per aeroportualità. Il porto di Pozzallo potrebbe essere un vantaggio competitivo sia per il turismo che per l’export, ma per diventare un reale catalizzatore economico serve accelerare l’iter e la realizzazione degli investimenti previsti nel Piao (Piano integrato di attività e organizzazione) 2024/2026.

La legge sull’autonomia differenziata (86/2024) introduce ulteriori complessità in quanto potrebbe accentuare le diseguaglianze tra le regioni italiane. Infatti, anche se la norma prevede dei Livelli essenziali di prestazioni (Lep), cioè i servizi essenziali che vanno garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, la preoccupazione principale è che con questa legge le regioni più ricche del Nord puntino a trattenere il gettito dei loro tributi erariali.

Infine, la cabina di regia dei fondi su Zes unica e Pnrr è nelle mani del governo nazionale, quindi vi è una centralizzazione gestionale che è in netta contraddizione con l’idea di un’autonomia differenziata, che affida e affiderà la gestione di diverse materie economiche e sociali alle regioni”.

“Serve rendere conveniente un investimento sia a Ragusa come a Treviso. Serve evitare che braccia, manodopera specializzata e laureati del Sud si rechino al Nord. Per fare questo bisogna avere chiaro un concetto: le imprese nascono e crescono dove si sta bene e dove si creano condizioni coerenti per stare bene, viceversa si genera sottosviluppo”.

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