Modica: il consiglio comunale ieri e oggi, la riflessione del segretario Poidomani(Pd)

Il Consiglio Comunale di Modica: il tramonto di un’istituzione”. E’ questo il titolo di una lettera/riflessione che il segretario del Partito Democratico di Modica avv. Salvatore Poidomani desidera condividere con i nostri lettori.

“Preg.mo Direttore,

la storia del Consiglio comunale di Modica, dal dopoguerra a oggi, può essere divisa in due periodi. Uno lungo, che va dal 1946 al 2013, l’altro, che va dalla seconda metà del 2013 a oggi.

Il primo lo possiamo definire come il tempo del cacio cavallo condiviso; l’altro della pizza nel separè.

Nel primo periodo esisteva la politica. Allora, la politica, come per tutti i giovani della mia generazione, faceva parte del vivere quotidiano. Era come la famiglia, la scuola, come andare a messa la domenica, mangiare i piretti per la festa di san Giorgio, o, per l’Addolorata, arrampicarsi sul legno “nzivatu.”

Aveva un valore in sé. Si seguivano i comizi, si frequentavamo i circoli di partito (a me uno non bastava, e mi alternavo tra quello della Dc di Nino Avola e quello dei compagni, il Di Vittorio), si seguivano i dibattiti alla televisione. Ogni partito (allora erano tanti, perché erano rappresentate tutte le identità politico-culturali della società civile) aveva la sua sede. Nelle sezioni di partito si discuteva e ci si formava. 

Ma il luogo deputato all’analisi e alla sintesi politica era il Consiglio comunale. 

Lì tutti i circoli si incontravano, le diverse visioni politiche si confrontavano, i conflitti si palesavano. Ogni consigliere era portatore di un proprio bagaglio sociale, culturale e politico,di valori diversi e spesso antagonisti a quelli degli altri. Maciascuno teneva dentro di sé un valore assoluto, non negoziabile, condiviso da tutti: il rispetto dell’istituzione comunale. 

Spesso, dall’età di diciotto anni e per qualche anno, con cadenza quasi settimanale ho assistito alle sedute del consiglio. Sì, ha letto bene, direttore: cadenza settimanale. Allora c’era tanto da discutere. E si dibatteva. Lei ricorderà le sedute infuocate, i dibattiti, le discussioni raffinate e quelle più rozze; le ironie, i sarcasmi, le battute sferzanti, Sei un cretino! Convinciti. E anche le liti, a volte violente. Ma mai con malanimo. Ricorderà che, dopo ogni seduta, i consiglieri si ritrovavano a cenare nella stessa putia ro vinu, anche se in tavoli diversi. Polpo bollito, uova sode, lolli che favi. E, naturalmente,ravioli con il sugo. Da arricchire con il cacio cavallo grattugiato. L’unica formaggiera veniva passata da un tavolo all’altro, dal consigliere democristiano, al liberale, al compagno. Pochi cucchiaini a testa. Doveva bastare. E bastava per tutti. Passami l’olio e… scusami se ti ho dipinto come un cretino. Non si era nemici, ma avversari politici.

Il consigliere comunale, appartenesse alla maggioranza o all’opposizione, godeva di una stima e di un prestigio oggi inimmaginabile. Rappresentava il popolo, la città. 

Per circa cinquant’anni il nostro Consiglio, nel bene e nel male, ha mantenuto le sue prerogative e una sua dignità, nonostante la riforma del 1993 che ne ha ridotto le competenze. 

Forse la mia è una visione romantica e probabilmente qualcuno la contesterà, sostenendo che anche in quegli anni, o soprattutto in quegli anni, sono stati commessi abusi, scempi, favoritismi, clientelismo. Non lo contesto. Però mi rimane una certezza. La certezza che quei consigli erano produttivi, che erano degli organismi viventi. Respiravano. All’interno di essi si discuteva, si litigava, si urlava, ci si arrabbiava, si esprimeva un parere.  Si condivideva il formaggio.

Nel 2013 inizia una nuova fase: finisce il tempo della politica. Undici anni fa compariva/appariva l’uomo politico che nel giro di pochi anni avrebbe mutato antropologicamente il cittadino modicano, distrutto le identità politiche, svilito e svuotato il Consiglio comunale. 

Con me o contro di me! Amici o nemici. Chi è con me ha benefici, chi è contro solo svantaggi. Una virata rispetto al motto della politica clientelare tradizionale: Chi è con me ha benefici. L’altro era un avversario politico, che non godeva dei benefici, ma che non era destinatario di sfavori.

E quindi anche i consiglieri comunali dovevano essere con lui, pena l’emarginazione o lo sbeffeggiamento. Nelle ultime due consiliature i consiglieri di maggioranza, tutti, si sono dovuti adeguare ai suoi diktat. Era il sindaco che prendeva ogni decisione. Loro dovevano limitarsi ad alzare o abbassare la mano. Senza parlare. Ad esprimere le decisioni del capo ci pensavano il capogruppo o la capogruppo, unici depositari della sua volontà. Il consigliere, tuttavia, doveva stare sempre attento, non doveva né poteva distrarsi. Con la testa girata a sinistra, verso lo scranno del primo cittadino, per cogliere ogni sfumatura nella sua espressione. Una postura scomposta con l’inevitabile strascico di dolore alla cervicale e il continuo ricorso al fisioterapista.

Questi atteggiamenti impolitici e privi del rispetto istituzionale hanno determinato la perdita di autorevolezza dei singoli e dell’intero Consiglio.

Il consigliere di minoranza, suo malgrado, ha dovuto subire, potendosi sfogare solo con interrogazioni o interpellanze, peraltro senza mai ottenere risposta.

Ricordo molto bene la sensazione di tristezza e di frustrazione nei due anni in cui sono stato seduto in uno degli scranni. Di fronte a me, a noi, a quei pochi dell’opposizione, il folto gruppo dei consiglieri di maggioranza. Ci guardavano con sguardo di sufficienza, con espressione di scherno, con tracotanza. Come se fossimo degli intrusi, animaletti in via di estinzione. Sorrisi sciocchi, insulsi e spocchiosi. Il loro proposito era quello di bocciare qualsiasi proposta o iniziativa proveniente dall’opposizione. 

Le racconto un episodio emblematico. Dovevamo votare una norma in materia finanziaria. Abbiamo chiesto 5 minuti (sì,cinque, caro Direttore) di sospensione per poter visionare un documento. Pur di non concederceli, hanno preferito mettere ai voti la nostra richiesta (abbiamo impiegato almeno 10 minuti per votare), che naturalmente è stata bocciata.

Quei 17 consiglieri non si sono resi conto che con quel voto hanno sancito non solo la loro irrilevanza politica come consiglieri, ma la morte dell’intero consiglio comunale. Che in quel momento ha smesso di respirare.

Come lei ricorda, dopo due anni mi sono dimesso. Una scelta difficile, drastica. Da molti ritenuta infelice, inopportuna e irrispettosa del voto degli elettori. Non so giudicare. So solo che tra il biasimo degli amici, in gran parte comprensibile, o il continuare a galleggiare nell’inutilità enell’inerzia, ho scelto di accettare le critiche, per difendere la dignità mia e del Consiglio.

Ma torniamo al 2013 e alle cene conviviali che seguivano le sedute del consiglio. I diversi gruppi non si sono mai più incontrati nello stesso locale. E non è stato per caso. L’uomo politico deliberatamente ha fatto in modo di evitare ogni contatto tra i suoi e i consiglieri dell’opposizione. Guai a vedere un suo consigliere fermo a discutere con il collega di minoranza, subito scattava l’allarme su whatsapp. Li ha isolati per indebolirli. E loro hanno accettato di mangiare la pizza da soli, nel separè. E poi, direbbe qualcuno, sulla pizza il cacio cavallo grattugiato non ci va.

E ora, nel 2024 il Consiglio come è? Come va? Vi chiedete e mi chiedete. Lo osservo dall’esterno. Circa la metà dei consiglieri, gli Abbatiani, mantengono la postura di sempre. Una buona parte è alla prima esperienza, ma tutti hanno ereditato il portamento dei loro colleghi. E non soffrono più di cervicale, ci hanno fatto il callo. Gli ordini ora non arrivano dalla Sindaca, ma dalla smorfia del capogruppo, che è collegato in diretta con il Capo.

Per il resto, non so. A occhio e croce ci sarebbero una decina, forse dodici consiglieri (molto dipenderà dalla capacità politica della sindaca), tra quelli di maggioranza e di opposizione, che non appartengono al “cerchio magico”. Sono coloro che, con orgoglio e apertamente, sostengono di non condividere questo modo becero e astioso di fare politica. Molti di loro sono di spessore umano e culturale. Ma al momento non hanno mostrato capacità politica. Potrebbero e dovrebbero uscire allo scoperto, prendendo posizione e manifestando le loro convinzioni politiche, il loro impegno, i progetti e le idee, se ne hanno, sul futuro della città.

Su costoro pende la responsabilità storica di tentare di risuscitare il Consiglio, di restituirgli Dignità e Autorevolezza. Ci vorrebbe uno stacco di orgoglio. Chissa!

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