Confermato il trend positivo dell’economia iblea, nel secondo trimestre il Pil locale è aumentato dell’1,9%

Confcommercio: “Segnali incoraggianti ma strada ancora lunga”

L’Istat conferma il trend positivo dell’economia iblea: nel secondo trimestre il Pil, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è infatti aumentato del 1,9% rispetto al trimestre precedente e del 15,4% in termini tendenziali.

Questo ultimo dato – “eccezionalmente marcato” secondo quanto scrive l’Istituto di statistica nelle sue stime preliminari – è frutto del confronto con il “fondo del barile” toccato dall’economia locale nel secondo trimestre del 2020, quando la crisi sanitaria era al suo apice.

Quanto alla variazione congiunturale – spiega l’Istat – è la sintesi di una sostanziale stazionarietà del valore aggiunto nell’agricoltura e di un aumento nell’attività dei servizi. Con il dato del secondo trimestre, la variazione acquisita del Pil per il 2021 – ovvero quella che si otterrebbe se ci fosse una variazione congiunturale nulla nei restanti due trimestri dell’anno – è pari a +3,9%. L’Istat, a livello nazionale in questo caso, ha anche rivisto al rialzo la stima del prodotto interno lordo del primo trimestre a +0,2% rispetto al +0,1% stimato a giugno nei conti economici trimestrali e al -0,4% indicato ad aprile nella stima preliminare.

Che cosa significano questi dati per la provincia di Ragusa?

“Questi dati sono un primo segnale di controtendenza – afferma il presidente provinciale Confcommercio Ragusa, Gianluca Manenti – e però non devono farci cantare vittoria visto che la strada è ancora molto lunga. Piuttosto, è necessario raccogliere tutte le forze e indirizzarle verso un’unica direzione. Soltanto così sarà possibile cercare di sfruttare l’onda lunga di questa scia. Restano, invero, ancora numerose incertezze riguardanti da un lato il corretto utilizzo del green pass, dall’altro una questione che non possiamo sottacere e che riguarda il rischio che l’aumento incontrollato di contagi possa determinare nuove chiusure. Tutto ciò, per le imprese del settore dei servizi, soprattutto quelle che si interfacciano con i consumatori in maniera diretta, potrebbe significare un’ecatombe”.

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