Sicilia: 23 maggio 1992, a trent’anni dalla strage il ricordo non basta, bisogna dare l’esempio!
Assistiamo ogni anno alle solite cerimonie, fatte di belle parole, deposizioni di corone d’alloro. E’ successo come dimostrano le foto a Modica, piuttosto che ad Ispica e in altre città della provincia. Ed è giusto che sia così.
Condividiamo il pensiero del sindaco di Ispica Innocenzo Leontini che scrive: “Onorare la memoria di Falcone è un dovere umano, morale, civico ed istituzionale affinchè il ricordo del suo sacrificio scuota sempre le coscienze e le indirizzi verso la ricerca e la lotta per il giusto, il corretto ed il legale” ma oggi vogliamo andare oltre a queste riflessioni, vogliamo andare oltre alle immagini di deposizioni di fiori, delle parole di circostanza, e vogliamo chiederci a distanza di 30 anni da quel maledetto 23 maggio del 1992 quando persero la vita il giudice Giovanni Falcone la moglie, Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro se qualcuno si sia mai fermato a riflettere se tutto questo a loro sarebbe piaciuto, ma soprattutto se tutto questo a loro sarebbe bastato.
Crediamo proprio di no, crediamo che sia giusto non dimenticare, crediamo che sia giusto commemorare ma crediamo fortemente che solo questo non basti e sinceramente ci ha colpito una delle numerose vignette pubblicate oggi in cui il Giudice Falcone dice: “Trent’anni dicono di cercare la verità. Evidentemente non ne sono stati “Capaci”!”
Ed è proprio questa frase che ci fa comprendere come non si possa più continuare a fare queste sceneggiate ma sia necessario che gli amministratori, i politici, a qualsiasi livello, ma anche i giudici inizino a dare l’esempio, a mettere in pratica le belle parole che oggi hanno pronunciato nei loro discorsi ufficiali, altrimenti il rischio è che queste vite spezzate così bruscamente lo siano state inutilmente.
Sappiamo che non è così, sappiamo che qualcosa da quel 23 maggio 1992 è cambiato ma il fatto è che non sembra sia così, e questo è quello che a loro non sarebbe piaciuto.
Perché come diceva il Giudice Falcone “Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare”
E questa frase rispecchia tutti noi, nessuno escluso, perché è vero che ci lamentiamo che le cose non vanno bene ma quando ci chiedono di cambiarle non lo facciamo perché è più comodo mantenere lo status quo. E’ invece in quel momento che sarebbe importante ricordare questi uomini, ricordare che loro ci hanno dato la possibilità di vivere in un altro modo ma sta a noi la scelta di decidere da che parte stare.
“Se si vuole combattere efficacemente la mafia, diceva Falcone, non dobbiamo trasformarla in un mostro, né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia”. Ed infatti sempre Falcone sosteneva che “si può’ avere una mentalità mafiosa senza necessariamente essere dei criminali.”
Ed è questo quello che dovremmo combattere ogni giorno, la mentalità mafiosa di cui siamo circondati e che distrugge la nostra società. Questo oggi è quello che noi proviamo a fare con il nostro lavoro, raccontare la verità delle cose, anche quella più scomoda, quella che sarebbe più facile tacere, e non lo facciamo perché siamo degli eroi, gli eroi sono altri, sono loro, quelli che oggi ricordiamo, ma sono anche le tantissime persone oneste che vivono in questo mondo e che provano a cambiarlo ogni giorno facendo solo il loro dovere.
“Perché, sosteneva il giudice Falcone, una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il proprio dovere.”
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