Omicidio Peppe Lucifora a Modica: la pista dei 4 cellulari e il racconto del carabiniere scagionato
Resta al momento un giallo la morte di Peppe Lucifora, il cuoco modicano barbaramente assassinato 2 anni e mezzo fa nella sua abitazione del quartiere Dente a Modica.
Uno di quei gialli che continua a tormentare i familiari del 57enne Peppe, conosciutissimo e amato in città, e a far discutere l’opinione pubblica che non si rassegna all’idea che il colpevole o i colpevoli di questo efferato delitto siano ancora a piede libero.
Proprio per questo il caso Lucifora è stato tra quelli trattati, ieri sera, da Gianluigi Nuzzi nell’ultima puntata della stagione estiva di “Quarto Grado – Le Storie – estate” come uno dei casi che ha più coinvolto i telespettatori.
Durante lo speciale dedicato al giallo Lucifora, è stato ricostruito quanto accaduto in quel maledetto sabato 9 novembre del 2019: alle 00.27 della notte il cellulare del cuoco modicano si spegne e di lui non si saprà più nulla fino alle 19.00 di domenica quando un cliente, che lo aspettava per un catering, lancia l’allarme. I Vigili del Fuoco intervenuti nella sua abitazione lo trovano senza vita, riverso a terra, chiuso a chiave in camera da letto, strangolato a mani nude.
Una serie di indagini portano, com’è noto, all’arresto il 15 giugno del 2020 di Davide Corallo, carabiniere di Giarratana ma in servizio a Buccheri, nel siracusano. Corallo resta in carcere per 2 anni e poi arriva l’assoluzione per non aver commesso il fatto.
Ieri sera a Quarto Grado ha parlato anche lui: “Ho conosciuto Giuseppe qualche mese prima della sua morte attraverso un amico, ci siamo visti in tutto una ventina di volte, tra noi è nata una tenera amicizia. Per un periodo ci siamo visti assiduamente perchè mi ha fatto curare una cisti alla fronte da un suo amico medico. E’ normale che abbiano trovato mie tracce biologiche nell’abitazione di Giuseppe perchè ho frequentato quella casa, ma non ci sono stato negli ultimi giorni della sua vita. L’ultima volta è stata circa 15 giorni prima che accadesse la tragedia. Ho appreso della sua morte da Facebook e non l’ho presa bene perchè era un mio amico. Ai familiari dico che mi dispiace di quanto accaduto e di questo accanimento nei miei confronti, ma io non c’entro e sapevo che la giustizia avrebbe fatto il suo corso”.
E ieri sera si è parlato anche della pista alternativa che è stata messa nero su bianco sul fascicolo dell’assassinio Lucifora. Sulla sentenza di assoluzione di Corallo si legge: “la presenza di almeno 5 fratture tutte frontali sul corpo della vittima e l’assenza totale di segni di colluttazione fa pensare alla concorrenza di almeno due soggetti: uno che immobilizza la vittima e un altro che colpisce”. Poi la pista dei 4 telefonini. I tabulati internet del cellulare di Lucifora dimostrano che alle 2.15 della notte, quando verosimilmente il cuoco è già morto, il suo cellulare si riaccende e aggancia la cella di Modica, alle 2.19 si sposta verso Pozzallo e poi procede verso Ispica dove alle 2.50 si spegne per scomparire per sempre nel nulla. Dalle indagini tecniche è emerso che ci sarebbero quattro uomini i cui cellulari agganciano alle 12.23 Modica e che si parlano tra di loro, poi uno di questi si sposta da Modica e percorre lo stesso tragitto che fa il cellulare di Lucifora, fino ad Ispica. Di questo filone di indagini non si è saputo mai nulla ma secondo indiscrezioni questi uomini avrebbero un valido alibi.
Non ci sono dubbi che nelle indagini compiute dagli inquirenti ci siano state numerose falle e che il generale Garofano, consulente di parte di Corallo, sia riuscito a smontare il castello accusatorio a carico del suo cliente che si basava esclusivamente sulle tracce biologiche del carabiniere trovate nello scarico del lavandino del bagno.
La sentenza di assoluzione invece non ha mai convinto il legale della famiglia Lucifora, Ignazio Galfo che resta convinto della colpevolezza di Corallo e che ha ricorso in appello avverso la sentenza di assoluzione di quello che fino ad oggi è rimasto l’unico imputato.
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