L’inflazione galoppa, le imprese chiudono: ragusani sempre più poveri almeno fino al 2024

Dal carrello della spesa alla scuola, dalle cure mediche all’abbigliamento, le ripercussioni dovute al caro vita e all’esorbitante aumento dei prezzi in tutti i settori, sono sotto gli occhi di tutti e riguardano tutte le famiglie italiane. La Provincia di Ragusa, naturalmente riflette perfettamente la situazione a livello nazionale. 

E’ di questi giorni l’annuncio di un ulteriore rincaro in bolletta che secondo l’Unione nazionale dei consumatori costringerà una famiglia tipo, a spendere nell’arco di un anno oltre 660 euro in più solamente per pagare la luce. Dal 1° di Ottobre è partito un rincaro dell’energia del 59%, prezzi insostenibili che metteranno ulteriormente in ginocchio le famiglie e le aziende.

Tra queste naturalmente anche quelle agricole e zootecniche ragusane costrette ad aumentare ulteriormente i prezzi all’ingrosso. E questo com’è facilmente intuibile provocherà l’ingresso sul mercato e nella grande distribuzione, di prodotti esteri con prezzi più competitivi, provocando ulteriore danno ai produttori locali che si vedranno tagliati fuori a causa di spese insostenibili.

Un grido dall’allarme a tal proposito arriva anche dai produttori della fascia trasformata ipparina dove il prezzo del datterino arriva a 3.70 euro e la zucchina a 2.70.  Inevitabile che molte aziende di distribuzione attingano a prodotti di Albania, Turchia, Marocco, Egitto, Tunisia.

Il grido di allarme è unanime: Il Governo deve intervenire immediatamente con un Consiglio dei ministri straordinario per varare un provvedimento urgente che blocchi questi prezzi stellari, impazziti e insostenibili.  Le associazioni dei consumatori e degli utenti dopo avere fatto delle proposte e chiesto misure urgenti a quello che sarà il nuovo governo, hanno annunciato manifestazioni di protesta in tutta Italia contro il caro-energia e l’emergenza prezzi, coinvolgendo anche sindacati, mondo dell’agricoltura, industria, artigianato e commercio. Per il prossimo 18 ottobre è stata indetta una grande assemblea pubblica aperta a tutte le forze sociali per condividere ragioni e modalità delle iniziative da attuare sul territorio. 

Intanto in queste ore è stato diffuso un approfondimento della Nota di aggiornamento al Def approvata il 28 settembre scorso, secondo il quale l’inflazione avrà effetti sulle tasche degli italiani che andranno avanti anche nei prossimi mesi. L’analisi stima che bisognerà aspettare fino al 2024 per vedere gli italiani recuperare il loro potere d’acquisto. Le retribuzioni – nel settore privato – dovrebbero aumentare dell’1,8% entro la fine del 2022, del 2,9% nel 2023 e del 2,5% nel 2024. La spesa delle famiglie per i beni necessari a settembre ha segnato un rialzo dell’11,1%, mai così in alto dal 1983 e l’effetto più immediato sarà una forte contrazione dei consumi che a sua volta impatterà nella parte finale dell’anno sul Pil. Secondo i dati Istat invece incombe il rischio di povertà relativa per quasi un quarto della popolazione italiana. 

Inutile ribadire che le misure finora adottate si sono rivelate inadeguate a fronteggiare la situazione destinata ancora a peggiorare mentre appare urgente la tassazione dei superprofitti delle imprese produttrici e fornitrici di beni energetici, non servono e non bastano più i bonus, servono interventi efficaci perché gli italiani non diventino tutti poveri e le imprese non chiudano.

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