A Ferrara, “Mistero in piena luce”: la mostra di Piero Guccione, dal punto di vista di Vittorio Sgarbi
Quella linea sottilissima, impercettibile, flebile come uno spago sgualcito, che separa, o forse congiunge, il cielo all’acqua del mare. Un’immagine che diventa abitudine per chi vive in Sicilia, e che accompagna la vita di chi su questa terra isolana c’è nato, poco importa se continua ad abitarla oppure no, il mare rimane una visione interiore.
E di mare, che non è ‘solo’ mare, ne è sinonimo Piero Guccione, noto pittore sciclitano scomparso nel 2008.
“Arrivando infine al mare, a Scicli, Guccione ha dipinto ciò che è sopra di noi, luce assoluta, ha dipinto Dio“: così il critico d’arte Vittorio Sgarbi racconta Guccione, e lo fa proprio a ridosso della mostra appena inaugurata e a lui dedicata, “Mistero in piena luce”, organizzata in collaborazione tra Il Cigno Arte e l’Archivio Piero Guccione, che sarà fruibile fino all’8 Gennaio 2023, presso il Padiglione d’Arte Contemporanea di Ferrara.
“Guccione era un uomo di convinzioni molto forti – racconta Sgarbi – che combatteva battaglie civili importanti, senza però pensare alla sua pittura come al campo di battaglia. Nella pittura disponeva emozioni, sensazioni, il rapporto con la natura, specie dopo il periodo romano.”
Due soggetti distanti, mare e cielo, eppure entrambi invasi dalla stessa luce, tanto da diventare un tutt’uno, con la spontaneità di un’arte che dal reale sviluppa una ricerca profondissima di senso.
“Decide di andare a Scicli e dipinge ciò che ha davanti – spiega Sgarbi sul pittore Guccione – si accorge che la linea di separazione tra cielo e mare fa parte di un unico infinito. E quindi dipinge l’infinito. Lo ha fatto andando progressivamente verso una dimensione illimitata, fino a raggiungere una luce azzurra che è astratta, una luce della mente. Il paesaggio diventa il paesaggio interiore e lui supera il confine tra la figurazione, a cui si è affidato, e con cui ha combattuto in tempi difficili, per uscirne e andare verso uno spazio altro, che è uno spazio mentale.
Diventa un pittore astratto rimanendo pittore figurativo. Ecco perché è senz’altro il più importante pittore della luce del secondo Novecento.“
Nella semplicità del soggetto naturale del mare, universale perché accessibile a tutti, appartenente all’immaginario di un bambino così come di un adulto, Guccione arriva a quel’ “immensità” di cui parla Giacomo Leopardi, e così come il poeta recanatese, anche l’artista sciclitano parte dal “sedendo e mirando” di un luogo che è casa, da una vista “cara”, proprio perché abituale, come lui stesso sottolineò in un’intervista del 2009:
“Ad un certo punto, dopo tanti anni a Roma, in cui avevo dipinto la città, le automobili, la vita moderna, mi sono ricordato di un’immagine del mare visto da bambino… – disse Guccione – avrò avuto cinque anni… essendo che vivevo a Donnalucata con la mia famiglia… mi ricordo che vidi il mare, lo vidi per la prima volta nel suo movimento. Questa memoria infantile si lega al mio lavoro. La base fondamentale che mi fa partire è sempre il rapporto con la visibilità che quotidianamente il mio occhio, la mia mente, il mio cuore, percepiscono sulla realtà.”“
Ferrara vuole ricordarlo ripercorrendo tappe e momenti riconoscibili, il mutamento nei soggetti, fino all’approdo al mare della sua Scicli. Un’ulteriore occasione per regalare ai vivi la bellezza di una sensibilità artistica ed umana che è tutt’altro che dimenticata.
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